L’analfabetismo sentimentale si combatte con la letteratura: il nostro «pozzo di vita»

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Aristotele («’l maestro di color che sanno», Inf IV, v. 131) nella Politica (libro A) scrive che l’uomo è zòon lògon èchon (animale avente il logos).

Logos deriva dal verbo leghein, legare, poi traslato in «dire e pensare». Logos continua la radice indoeuropea leg- «raccogliere, collocare insieme, armonizzare». Da questa radice il greco ha sviluppato la famiglia lessicale del parlare, il latino, invece, quella del leggere.Lo Stagirita dopo aver ribadito che l’uomo è «animale politico» afferma che il logos costituisce il proprio dell’uomo, l’unico ad avere coscienza del bene e del male. Ergo, il logos indica una originaria relazione. Le diverse e migliaia di lingue nel mondo «ricercano la verità» (cfr. Massimo Cacciari, Sul concetto di relazione. Le coppie di opposti identità-alterità). La relazione tra le lingue è necessaria in quanto il logos/verbum/parola è «originaria relazione» ma soprattutto perché la parola pensa.La letteratura, in estrema sintesi, è l’insieme di testi che ogni cultura e ogni epoca considera «letterari» in quanto per-seguono finalità artistiche, educative. Da decenni, oramai, l’antropologo, il filosofo e psicologo Umberto Galimberti scrive che «i giovani hanno effettivamente una sorta di analfabetismo emotivo» (cfr. U. Galimberti, L’ospite inquietante. Il nichilismo e i giovani, pp. 43-53) dovuto al fatto che i sentimenti non è che sono dati in dote naturale, non è che sono eventi genetici: i sentimenti si apprendono. Si apprendono attraverso la cura che si ha dei bambini nei primi tre anni di vita, quando si formano le mappe emotive, cioè continua Galimberti, la modalità di sentire il mondo per cui si forma la dimensione emotiva e sentimentale (cfr. U. Galimberti, Perché. 100 storie di filosofi per ragazzi curiosi, pp. 11-20). Il nostro autore scrive che i «sentimenti», come insegnano gli antichi, si apprendono, si imparano dai miti: Zeus è il potere, Atena l’intelligenza e così via discorrendo. Il mito è «parola di relazione: riconosce una presenza, un legame. Mito è parola-finestra sul logos. Il mito «offre esempi validi per ogni tempo. La principale funzione del mito è stabilire i modelli esemplari di tutti i riti e di tutte le attività umana significative: alimentazioni, sessualità, lavoro, educazione etc.» Si diventa umani confrontandosi col mito ci ricorda l’antropologo ed accademico rumeno Mircea Eliade (Il sacro e il profano; Il pensiero: concezione e simboli, ecc…) 

Se nei miti c’è, in nuce, tutta la gamma dei sentimenti possibili, la letteratura è il «luogo» originario in cui si apprende cos’è l’«amore» - nella letteratura mondiale l’«amore» si è sempre confrontato con le altre facce della stessa medaglia: la morte, l’odio, la menzogna dando vita a immortali capolavori, patrimoni d’umanità: la Commedia di Dante, Romeo e Giulietta di Shakespeare, l’Amore ai tempi del colera di Marquez ecc… - cos’è il «dolore» - «Nasce l’uomo a fatica / ed è rischio di morte il nascimento ….» (G. Leopardi, Canto notturno …), cos’è la «noia», cos’è la «disperazione». Ma se i grandi classici non vengono letti, empaticamente proposti, frequentati; se queste grandi ed immortali opere non curano la mente, il «nostro libro della memoria» allora il sentimento non si forma, non prende forma la nostra natura d’essere uomini/relazione sull’altro. «Le emozioni hanno – afferma Aristotele, nel II libro della Retorica, 1378a – relazioni con l’apparato cognitivo». 

Tra i tanti «maestri» che ho frequentato e frequento nella mia continua formazione ricordo le «lezioni» di vita di Ezio Raimondi che nel saggio Un’etica del lettore scrive che «la lettura è «un incontro tra due solitudini», la lettura educa, tra le altre cose «ri-conosce» la compresenza di un «altro diverso da me», o la letteratura come ricerca di verità, una letteratura che si identifica con la vita più profonda dell’uomo di cui tende a cogliere l’essenza universale promossa e vissuta in pienezza da Carlo Bo. Questi insegna che «la letteratura sale dalle origini centrali dell’uomo»: ovvero recupera i significati profondi e primitivi della vita dell’uomo. È la vita stessa dell’Uomo (cfr. C. Bo, Letteratura come vita). Una letteratura intesa come tensione alla scoperta di identità, come ricerca continua e quotidiana di noi stessi. 

Pietro Salvatore Reina, docente di religione presso l'Istituto Comprensivo Merano I. Ha conseguito il titolo di Magistero in Scienze Religiose presso l'ISSR «San Luca» di Catania. Laureato in Lettere presso l'Università degli Studi di Catania. Membro del Direttivo della «Società Dante Alighieri»-Comitato di Bolzano. Autore di articoli e recensioni (Stilos) e di tre saggi (Tre donne alla ricerca della verità: Elsa Morante, un angelo amato di penna; Lalla Romano e Susanna Tamaro, l'inquieta via verso la luce; Pier Vittorio Tondelli, un tessitore di parole intrecciate dalla grazia e dalla bellezza) nel volume 5° dell'opera La letteratura e il sacro (a cura di Francesco D. Tosto), Bastogi, Roma, 2017 (Primo Premio «Tulliola Renato Filippelli»). Co-autore con il dirigente scolastico Luigi Martano del saggio Dentro o Fuori. Bullismo - Cyber, Edizioni Circolo Virtuoso, 2017.

 

 

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