Nel mio peregrinare nell’analisi del mondo digitale, spulciando nei vari sentieri del PNSD, descrivendo. il Sistema Mediale di apprendimento come habitat ideale per lo “studente nomade”1, incrociando percorsi educativi “storici” e digitali, definendo ambiti, approcci, paradigmi, comparando Media Education, educativo digitale e culture partecipative, ho esaminato la possibilità di ridurre il problema della dispersione scolastica attraverso l’ educativo digitale valorizzato in una scuola europea, in Danimarca.
La Strategia Europa 2020 ha posto, tra gli obiettivi da raggiungere nel campo dell’istruzione e della formazione, la riduzione, al di sotto del 10%, della quota di abbandoni scolastici e formativi precoci. Il 15% degli studenti italiani interrompe gli studi prima del conseguimento del diploma. La decisione di lasciare gli studi avviene in seguito a un lento e progressivo percorso di allontanamento, di assenze e ritardi ripetuti, di insuccessi scolastici e di demotivazione, che sono sintomo di un disagio sociale connesso al contesto scolastico, culturale, economico, familiare. Le condizioni di rischio, emarginazione e devianza hanno ripercussioni non solo sul percorso formativo dello studente, ma sulle sue condizioni di vita futura. Il fallimento nella realtà scolastica non fa che confermare un’ immagine di sé svalutata, inadeguata, determinando così un effetto boomerang che può investire anche altri aspetti della realtà futura. Un sistema educativo deve aiutare chi cresce in una cultura a trovare un’identità al suo interno. Se quest’identità manca, “l’individuo incespica nell’inseguimento di un significato”2. Thomas Kuhn3 definì “slittamento di paradigma” un mutamento profondo nella cornice concettuale che in un dato spazio-tempo supporta il sistema ordinario di credenze, dando luogo a una crisi e a conseguenti cambiamenti nel modo di pensare e di agire.
Anche nella scuola è in atto una sorta di “slittamento di paradigma” , un vero e proprio cambiamento che conduce dall’educativo cartaceo al cosiddetto educativo digitale, dal momento in cui informazioni, conoscenze ed opinioni non sono più posizionate dentro la carta stampata ma irrompono nella comunicazione multimediale. Una specie di rivoluzione, come quella avvenuta con la stampa. Il paradigma educativo precedente all’invenzione della stampa, era l’educativo orale contrassegnato da una relazione educativa “duale e forte”, in quanto connessa ad un modello tutoriale. Il passaggio dei saperi, in modalità orale, avveniva nel contesto del rapporto intenso tra tutore e apprendista, nel peggior dei casi mediato dalla presenza di pochi e preziosissimi manoscritti. Oltre all’intensità della relazione vi era la centralità dell’apprendista nella dinamica pedagogica, le attività accompagnate da pratiche informali, il prezioso strumento del colloquio educativo. Questo paradigma(educativo orale) però aveva dei limiti: una concezione profondamente elitaria dell’educazione, costosa e riservata a pochi, (si pensi all’inaccessibilità dei saperi,, all’ irrealizzabilità dell’ interpretazione storica e dell’ approfondimento) attingibile solo attraverso la mediazione del maestro e del sapiente. La stampa contribuì alla disponibilità delle informazioni modificando profondamente la “distribuzione”, dalle modalità “produttive” della tradizione orale alle modalità “riproduttive” della tipografia. L’adozione del libro di testo coniugò il principio dell’autorità, proprio della tradizione orale, con i vantaggi della riproduzione seriale, che ha portato la conoscenza e l’ alfabetizzazione di massa. Dall’aristocrazia dell’educativo orale si passò alla democrazia dell’educativo cartaceo e per cinque secoli nulla ha più modificato il paradigma educativo scolastico sino all’invenzione dei nuovi media. Il digitale ha radicalmente trasformato l’educazione, portando al centro strumenti come Internet, le piattaforme di comunicazione/condivisione digitale e i social network.
E’ la visione di un nuovo progetto educativo: garantire un reale apprendimento, in grado di assicurare il successo formativo e ridurre la dispersione scolastica, in uno scenario nuovo fatto di esperienze di innovazione didattica con la tecnologia che offre strumenti di lavoro, di condivisione e cooperazione, consentendo ai docenti di “erogare educazione” in modo integrato e potenziando anche le competenze necessarie all’apprendimento indipendente. Non perché la tecnologia guidi l’educazione, ma perché l’educazione, immersa nel suo tempo, valorizza la tecnologia, potenziando se stessa. La società attuale, sempre più pervasa di mezzi tecnologici e digitali, costituisce l’habitat naturale delle giovani generazioni, a ragione definiti “digital generation”,“screen generation” e studenti nomadi che sperimentano il cambiamento del loro ruolo: da studenti sedentari, immobili in un banco, al posto fisso o in fila, sull’attenti, identificati dalla notazione algebrica di numero e lettera corrispondente alla propria sezione / aula di appartenenza, in atteggiamento di passiva ricezione di informazioni e conoscenze, che riportano le conoscenze apprese mediante un’ attività solitaria, statica, reiterata, a studenti “nomadi”, in movimento, alla ricerca lungo l’asse scuola- dispositivo mobile-mondo, partecipanti attivi nel processo di apprendimento, che producono e condividono conoscenze apprese in collaborazione con altri, dislocati in spazi fisici e virtuali, ospiti selezionati di Erasmus, Double Degree, Global Thesis4, in presenza e a distanza, che affrontano, in modo attivo e creativo, il proprio futuro educativo attraverso lo intelligente utilizzo di tecnologie digitali che non limitano le opportunità educative, ma le amplificano a dismisura. Liberi di accedere ad ogni contenuto, in qualsiasi momento e da qualsiasi luogo, mantenendo il controllo delle proprie attività di acquisizione di saperi e competenze, gli studenti “nomadi” sviluppano nel tempo la capacità di costruire, in autonomia o in comunità, nuovi oggetti di apprendimento, per “commerciarlizzarli”, trasferirli, disseminarli all’interno dello spazio web, in atelier creativi, su tappeti digitali, in ecosistemi di apprendimento personalizzati, tracciati da soggettivi stili cognitivi, flessibili e adattabili al materiale didattico messo a disposizione da opportuni software. Giovani menti che capitalizzano risorse didattiche per mettere a frutto i propri talenti e costruire il proprio futuro in collaborazione con “docenti trasformisti esperti” che adattano saperi, metodi e obiettivi in base all’utenza e al contesto che incontrano, erogatori di informazioni, fonti di risposte che controllano e dirigono tutti gli aspetti formativi essenziali privilegiando sempre la centralità dell’alunno, l’unitarietà dell’apprendimento, la valutazione formativa. Sommelier digitali interpreti dello “tsunami digitale” dell’ internet delle cose (IoT- Internet of Things), dei makers, delle start-up, della cultura open, delle smart cities, della condivisione (sharing),dispensano linguaggi finora sconosciuti, dispositivi sempre più tecnologici, usi inediti, skills nuove in spazi educativi ed ambienti dinamici vicini alla vita quotidiana, in cui la comunicazione e l’interazione sono facilitate.
La dimensione sociale bra prevale su quella scolastica tradizionalmente intesa, rompendo i consueti schemi didattici: il confine tra studio e relazioni, tra lavoro intellettuale e collaborazione è difatti impercettibile. Care giver dell’apprendimento, i docenti digitali dilatano gli spazi dell’iniziativa personale, della immaginazione creativa, dell’intraprendenza collaborativa, della “curiosità” e passione di apprendere ad apprendere, fanno sì che il potenziale positivo delle nuove tecnologie digitali irrompa per far nascere una nuova pedagogia o, per dirla con un fortunato neologismo, una “pad-agogia”5 consapevoli che l’innovazione tecnologica non ha un valore assoluto in sé, ma assume un significato soltanto se e quando diventa effettivamente veicolo e occasione di innovazione organizzativa, metodologico- didattica e di crescita culturale ed umana , fino a delineare una cultura differente che interpella in modo particolare il sistema educativo e formativo, chiamato a rinnovarsi profondamente nella struttura, nei contenuti e nelle metodologie. E’ questo il sostrato culturale, didattico , pedagogico , educativo del Liceo Ørestad Gymnasium di Copenaghen la cui municipalità ha predisposto un bando relativo alla costruzione di una scuola in un’area stategica della città:l’aereoporto. La società privata di architetti (3XN) ,vincitrice del bando, ha presentato e realizzato un progetto di scuola intesa come contenitore attivo per un sapere basato sull’interdisciplinarietà e sull’uso dell’Information Technology. Le aule sono in gran parte sostituite da spazi flessibili, con piani connessi e aperti, con arredi modulari che consentono di ottenere facilmente grandi spazi per lezioni corali, postazioni per piccoli team o zone per studio individuale. La stessa dislocazione degli spazi e il numero esiguo delle classi tradizionali (nemmeno una ventina per i milleduecento studenti) induce i docenti a progettare una varietà di percorsi e modalità di insegnamento/apprendimento: in una scuola fatta da aule aperte, isole cooperative e salotti. Grande presenza di aree multifunzionali come palestre, anfiteatri, biblioteche ecc. Muovendosi all’interno dell’edificio si percorre una grande scala elicoidale interna, elegante e fluido elemento di collegamento che gli studenti utilizzano anche come luogo di sosta vero e proprio, come fosse la scalinata di una piazza. Il fine ultimo è di rafforzare la capacità degli studenti di gestire autonomamente il proprio lavoro, sia individualmente che in gruppo, accrescendone così la responsabilità personale rispetto al percorso scolastico. Il device è l’ accessorio “indispensabile” per accedere ad una molteplicità di risorse per l’apprendimento; consente agli studenti di essere informati e connessi sulle iniziative dei docenti, sulle lezioni, le esercitazioni, i gruppi di lavoro. La scuola si avvale di un sistema sofisticato di Learning Management System, attraverso il quale il docente condivide con gli studenti il piano dei contenuti e gli aspetti organizzativi legati agli spazi e ai tempi. Non ci sono strumenti cartacei, i testi che in seguito gli studenti porteranno agli esami vengono “costruiti” da loro stessi in modo collaborativo. Molto interessante è la “distribuzione” della responsabilità degli apprendimenti. La scuola non dialoga con i genitori (se non in casi eccezionali di assenze prolungate), ma dedica due ore alla settimana al dialogo riservato tra insegnanti e studenti. La motivazione è semplice: dialogare con la famiglia potrebbe dare agli allievi la dannosa impressione che la responsabilità degli apprendimenti non sia loro, ma appunto dei genitori. Il rapporto esclusivo tra preside, insegnanti e studenti intende comunicare agli studenti un altro chiaro segno della loro completa autonomia e responsabilità: il loro percorso di apprendimento deve essere sostenuto soltanto da motivazioni interne, non da pressioni e costrizioni esterne.
Creatività, desiderio di apprendere e stare bene a scuola costituiscono l’impostazione didattica della scuola che intende rispondere a tre sfide centrali: garantire che i giovani siano messi in grado di divenire protagonisti attivi dei propri percorsi di apprendimento, utilizzando la loro creatività; suscitare negli studenti un reale desiderio di apprendere, che superi l’idea di studio come imposizione; attuare un’esperienza scolastica contrassegnata da un’atmosfera di benessere. E’ qui che esiste una tecnologia intesa come cornice culturale in cui riflettere per divenire consapevoli di che cosa significa “pensare tecnologicamente” e del modo in cui una cultura tecnologica può risultare importante per l’educazione, integrandosi adeguatamente con la prassi didattica. E’ qui che l’identità incerta e indefinita di giovani adolescenti tanto sul piano corporeo che su quello del pensiero e delle competenze cognitive, cerca di trovare riscontri che gli consentono di investire positivamente su un percorso formativo futuro, privo di incertezza e demotivazione.
Nunzia Minei docente di sostegno in una scuola primaria di Laterza, piccolo centro in provincia di Taranto. Laureata in Scienze della Formazione Primaria, specializzata nel sostegno e nell'utilizzo del Metodo ABA. Ha recentemente discusso una tesi sulla valenza dell'educativo digitale nella riduzione della dispersione e dell' abbandono scolastico in occasione del conseguimento del suo secondo master di II livello come Progettista Formativa, titolo acquisito con valutazione finale di 110 /110 e Lode presso l'Università degli studi della Calabria. Appassionata dell'epoca medievale, è re-enactment ( rievocatrice medievale) con spiccato interesse per l'Antropologia e la Cosmologia medievale. È vice presidente dell'associazione “Opificium La Ribeca” di Castellaneta (TA) con cui collabora in vari progetti scolastici ( allestimento di borghi e ludoteche medievali con planetario, rievocazioni medievali con corteggi, ricostruzioni di antiche artigianalità medievali quali speziale, cerusico, usbergaio, cuoiaio, amanuense ...)
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