IL RUOLO DEL DIRIGENTE SCOLASTICO NEL RAPPORTO DI CAUSA EFFETTO TRA AUTONOMIA E SUCCESSO FORMATIVO

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Sebbene non vi siano solide evidenze da parte della ricerca che attestino i percorsi di causazione tra autonomia e miglioramento degli apprendimenti, sicuramente, nel rapporto di causa effetto tra autonomia e successo formativo - pur non essendo quest’ultimo direttamente configurabile, a causa di una molteplicità di variabili - il Dirigente Scolastico gioca un ruolo fondamentale.

Quanto più il DS, mediante azioni strategiche negli ambiti di indirizzo che gli competono (primo fra tutti il Piano Triennale dell’Offerta Formativa), riesce a rendere efficace e affidabile la propria scuola, tanto più alta sarà la possibilità di miglioramento degli apprendimenti. Si può facilmente sostenere che la strutturazione di ambienti organizzativi stimolanti, di ambienti di apprendimento innovativi e di positive relazioni scuola-famiglia-territorio, così come anche l’acquisizione di beni e servizi,  costituiscono un’ottima base per  consentire lo sviluppo di apprendimenti, di  competenze sociali e civiche, di conoscenze di lingue comunitarie, dello spirito d’iniziativa e imprenditorialità, utili agli studenti per una vita da “cittadini glo-cali”. L’idea di autonomia e quella di diritto allo studio sono oggi legati da un senso nuovo. Il diritto allo studio è divenuto “diritto all’apprendimento” e l’autonomia è “l’istituzione a supporto del diritto all’apprendimento”. Le politiche scolastiche fanno riferimento a categorie non più quantitative, ma qualitative, ponendo sempre al centro lo studente nella sua individualità. S’investe non più su quanto e per quanto tempo imparare, ma sulla scelta di che cosa imparare e non solo in termini di utilità e spendibilità, ma a partire dalle attese, dalle esigenze e dalle potenzialità di ciascuno. Il sistema di istruzione è ora  volto ad un processo di unificazione dei luoghi dell’intenzionalità educativa e di scambio continuo tra “interno” ed “esterno” del sistema. Per questo, il sistema formativo, essendo “aperto”, non può rimanere uguale a se stesso. Esso è in continuo cambiamento, è un “sistema che apprende”, che impara dalle proprie azioni. E anche le istituzioni scolastiche, in quanto sue articolazioni, mentre sviluppano gli apprendimenti degli allievi, migliorano le proprie prestazioni organizzative, educative e didattiche, perché “apprendono”. 

Studenti, docenti, dirigenti sono in continua evoluzione (“provvisorietà dell’habitat organizzativo”). I processi di apprendimento s’innescano sulla base di soggetti liberi e autonomi, quindi, imprevedibili (“probabilismo dei risultati”). I legami all’interno di un’organizzazione complessa come la scuola sono deboli ed elastici, si pensi alla libertà di insegnamento (art. 33 della Costituzione), alla governance partecipata, alla mission, sia sociale che politica, all’unicità della funzione docente (“elasticità dei legami”). In questo scenario l’autonomia scolastica può apportare un enorme valore, prima di ogni cosa in termini di apprendimenti degli studenti, e, parallelamente, in termini di condizioni maggiormente appaganti per docenti e dirigenti, nondimeno, in termini di partecipazione responsabile degli utenti e di interazioni reali e significative con i territori in cui le scuole operano. Si tratta di stabilire forti interdipendenze positive, tenuto sempre conto che quello formativo è prima di ogni cosa un servizio alla persona e che la qualità che ne è percepita dipende dalla significatività delle molteplici interazioni strutturate, nonché dall’azione comunicativa che ne costruisce la visione dell’insieme.

 Dopo la Legge Bassanini e il Regolamento del DPR 275 del 99, a rilanciare l’autonomia delle istituzioni scolastiche è stata la Legge 107 del 2015, la quale al comma 5 pone l’obiettivo della sua piena realizzazione, assegnando al Dirigente Scolastico, in quanto responsabile dei risultati, maggiori responsabilità. L’autonomia è un “crocevia” tra la sussidiarietà verticale (la possibilità, l’opportunità di trasferire i poteri e le decisioni dal centro, dunque dal Ministero, nel caso della scuola, alla periferia, quindi alle scuole autonome, ai Collegi dei Docenti) e la sussidiarietà orizzontale (la possibilità e opportunità di avvalersi dei servizi e delle agenzie del territorio, promuovendone la partecipazione ed il coinvolgimento, nella costruzione del Piano Triennale dell’Offerta Formativa). L’autonomia scolastica pone al centro lo studente e tutto intorno ad esso rafforza le comunità professionali, affinché si possa produrre, su base locale, conoscenza valida per rispondere in modo differenziato alle diverse esigenze formative. Le “logiche di azione organizzativa” sono forti e hanno apportato una vera rivoluzione a partire dall’apertura al più ampio sistema sociale. 

I cambiamenti sono innescati da nuovi bisogni, da nuovi diritti, dall’evoluzione socio-economica, dalla contestualizzazione europea, dallo sviluppo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione, nonché, come purtroppo abbiamo tutti sperimentato con il COVID-19, da situazioni emergenziali. Altri e, presumibilmente, veloci cambiamenti s’innescheranno. Pertanto, la scuola dell’autonomia deve tenere un occhio sul tempo presente e un occhio sul tempo futuro. Altrimenti, la scuola dell’autonomia starebbe al successo formativo come un trattamento ortottico starebbe alla visione perfetta di Polifemo! L’obiettivo generale resta quello di accrescere gli apprendimenti degli studenti, e lo si persegue facendo riferimento ai principi, alle strategie e alle pratiche della qualità. L’autonomia scolastica, dunque, si gioca su due importanti dimensioni: managerialità e leardership educativa, per costruire coesione sociale e scuole responsabili. 

Le scuole responsabili coniugano l’autonomia professionale dei singoli, le istanze e le attese delle comunità locali ed il reale perseguimento degli obiettivi del sistema nazionale di istruzione. In tutto questo, l’autonomia didattica(art. 4, DPR 275/1999), organizzativa e di gestione delle risorse (art. 5, DPR 275/1999) sono aspetti strettamente interdipendenti. Una grossissima opportunità per le scuole singolarmente o tra loro associate è rappresentata dall’implementazione dell’autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo (art. 6, DPR 275/1999), da coniugare con l’autonomia didattica. Peccato che in Italia non si sia verificata una forte crescita della ricerca, così com’è, invece, accaduto negli ultimi dieci anni in altri contesti. La Scuola, tra i livelli di programmazione dell’offerta formativa,  opera a livello locale (insieme alla Regione e agli Enti Locali). Esiste un filo rosso che mette in relazione la programmazione dell’offerta formativa, la  programmazione della rete scolastica e l’elaborazione del PTOF delle singole istituzioni scolastiche. Nella logica della sussidiarietà, la Scuola si trova tra Stato e Territorio. Ma essa non è lì semplicemente per rappresentare l’uno e l’altro. La Scuola si mette in una posizione strategica di snodo, in una direzione di cambiamento, nel senso  del miglioramento e dell’ empowerment dei soggetti coinvolti.

Alcuni autori hanno pensato alla scuola come “un ente locale” (che opera in una realtà territoriale definita), ma che ha un “obiettivo”, una “missione nazionale” che deriva dalle Indicazioni Nazionali. Allora il PTOF - documento fondamentale costitutivo dell’identità culturale e progettuale di ogni singola istituzione scolastica, che attraverso di esso esplicita la propria progettazione curricolare, extracurricolare, educativa e organizzativa - è coerente con gli obiettivi generali ed educativi dei diversi tipi e indirizzi di studi, determinati a livello nazionale (a norma dell’art. 8) e riverbera le esigenze del contesto culturale, sociale ed economico della realtà locale, tenendo conto della programmazione territoriale dell’offerta formativa. La Legge 107 (che modifica l’articolo n.3 del Regolamento di cui al Decreto del Presidente della Repubblica 8 marzo 1999, n. 275) assegna al DS la responsabilità di indicare al Collegio dei Docenti gli indirizzi generali del PTOF (comma 14). 

 Il DS, si trova così a dover individuare le procedure e le modalità più funzionali per definire il PTOF, la cui finalità è il successo formativo. Qui si gioca la diretta responsabilità assegnata al DS, secondo i principi di sussidiarietà verticale e orizzontale. La Legge 107 del 2015 prevede che Egli/Ella, ancor prima di organizzare gli indirizzi da presentare al Collegio dei Docenti, coinvolga gli Stakeholder (famiglie, associazioni, privato sociale e aziende) secondo un principio di leale e fattiva collaborazione. Qui il DS realizza la sussidiarietà orizzontale come occasione, strategia finalizzata al coinvolgimento del territorio, delle agenzie e dei servizi di base verso un significativo arricchimento dell’offerta formativa. Il DS è così il tramite attraverso cui l’autonomia realizza la sua forza, ossia, la capacità di creare “protagonismo sociale”. Egli/Ella è Colui/Colei che può dare impulso alla “costruzione di un patto per un sistema integrato territoriale”, che adesso potrà giovarsi anche dell’istituzionalizzazione delle Reti di Ambito e di Scopo. Altresì, Egli/Ella orienta e richiama l’attenzione verso un “sistema di responsabilità plurali”. 

A proposito di responsabilità plurali, diciamo che il PTOF comprende e riconosce le diverse opzioni metodologiche. Esso deve, quindi, valorizzare le corrispondenti professionalità. Il Piano, elaborato dal Collegio dei Docenti (e successivamente approvato dal Consiglio d’Istituto), sulla base degli indirizzi generali per le attività scolastiche e delle scelte in ordine alla gestione e all’amministrazione, definiti dal Dirigente Scolastico si è arricchito delle considerazioni e delle risultanze del Rapporto di Autovalutazione e del Piano di Miglioramento e del Piano Annuale di Inclusione. Esso tiene conto, altresì, del Curriculo Opzionale dello studente (comma 28 della L. 107 del 2015). Qui il DS può fare la reale differenza, nel raggiungimento degli scopi e della mission autonomamente scelti, mediante valori e qualità pratiche che contribuiscono a strutturare e sviluppare ambienti organizzativi e professionali efficienti, ad implementare sinergie e a costruire comunità di pratica (di non trascurabile importanza sono, a tal proposito, i Dipartimenti, come luogo di conoscenza delle diverse professionalità presenti e di confronto sul piano delle scelte curricolari e metodologiche). Non basta, dunque la semplice collaborazione, pensata con la collegialità introdotta dal DPR 416 del 1974, ma occorre una gestione strategica che privilegi la leadership sia per la gestione degli aspetti organizzativi, sia per la gestione del curricolo. 

 Un’ importante novità nella cultura organizzativa della scuola prevede, per il DS, la possibilità di individuare il personale docente per l’organico triennale dell’autonomia (comma 18, L. 107 del 2015) funzionale  alla realizzazione del PTOF. Tutto ciò conferma il DS come garante dell’efficacia e dell’efficienza nella gestione delle risorse umane, finanziarie, tecnologiche, materiali e del loro buon andamento, nella direzione di un significativo aumento di responsabilità degli operatori scolastici, in vista del miglioramento del sistema scolastico. L’espressione DS la si potrebbe usare come sineddoche: una parte che rappresenta un tutto, un tutto veramente filosoficamente coeso, orientato alla sostenibilità e omogeneamente forte di competenze professionali. La sua forza è la fiducia in un cambiamento emancipatorio della società attuale, nelle sollecitazioni europee in ordine alla costruzione di umanità e civiltà, la capacità di recepimento delle vocazioni delle istanze culturali, sociali e produttive del territorio di riferimento, di suggestioni e di entusiasmi spesso inespressi, ma presenti,  nei contesti informali. 

Il suo potere si traduce nella capacità di coinvolgere attori interni ed esterni, avvalendosi di personale carisma, riconoscimento di fenomeni sociali e profonda conoscenza dei meccanismi emotivi alla base dei comportamenti umani e sociali. I suoi indirizzi sono sempre risposte a reali e fondamentali bisogni degli alunni: culturali, intellettivi, emotivi, relazionali, sociali. Il DS ha competenze interpersonali per lavorare bene con gli altri (con tutti gli altri) e funge da modello per la costruzione di una comunità scolastica fondata su modelli di lavoro partecipato e collaborativo, in una posizione strutturalmente favorevole all’apertura e all’accoglimento. Il suo operato si traduce in servizio, fondato sulle categorie di equità, democrazia e correttezza.

Anna Rita Cancelli, docente. Laurea in Pedagogia conseguita presso Università del Salento con voto 110/110 e Lode; Master universitario di I livello in “Legislazione Scolastica e Management della Negoziazione” conseguito presso Facoltà di Giurisprudenza, Università degli Studi di Perugia. Perfezionamento in “Storia della Filosofia” conseguito presso Università del Salento. Perfezionamento in “Psicologia di Comunità e Empowerment delle donne. Le identità di genere nell’epoca post-moderna” conseguito presso Università del Salento. Specializzazione biennale  polivalente per le attività di sostegno conseguita presso  Università del Salento. Partecipazione al corso della Provincia di Lecce per “Esperto dell’approccio integrato ai minori a rischio di devianze” nell’anno 1997. Operazione matematica preferita: la sottrazione.

 

 

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