Scuola società
Tra scuola e società vi è sempre stato un rapporto di scambievole influenza perché, se è vero che ogni società educa gli individui che entrano a farvi parte, trasmettendo loro le proprie idee e il proprio patrimonio culturale, è altrettanto vero che l’istruzione scolastica, formando individui capaci di leggere, scrivere, contare e soprattutto ragionare, ha provocato, e continua a provocare, cambiamenti e trasformazioni sociali più o meno notevoli.
C’è chi afferma addirittura che il futuro di un paese dipende in gran parte dal livello di educazione e d’istruzione che la scuola sarà in grado di fornire alle nuove generazioni. Tutto dipende dalla qualità dell’insegnamento, dal reclutamento e formazione del personale docente, dalla pratica educativa, fatta di valori, norme, comportamenti, dalla valorizzazione delle risorse degli allievi e dall’ordinamento scolastico in generale.
Basti pensare che la nascita e lo sviluppo degli stati nazionali sono stati accompagnati dal riconoscimento di numerosi diritti di cittadinanza: diritti civili, come la libertà di pensiero e di parola; diritti politici, come quello di voto e di accesso agli uffici pubblici; diritti sociali, quali quelli ad un minimo di benessere economico e di sicurezza (fa parte di quest’ultimo gruppo il diritto-dovere all’istruzione elementare); oppure, al fatto che gli stati nazionali si basavano su alcune idee di fondo che favorirono la nascita e lo sviluppo dei sistemi scolastici.
Se si vuole cambiare la scuola, bisogna prima di tutto cambiare la mentalità e la sensibilità di chi la scuola la dirige e di chi la porta avanti tutti i giorni concretamente, perché, se non si incide sulla mentalità degli adulti, non ci sono le condizioni per aiutare i giovani a crescere e a inserirsi in modo propositivo nella società.
Nello stesso tempo, la necessità di gestire efficacemente la differenza culturale nella società impone un forte investimento sull’educazione interculturale, come progetto intenzionale di promozione del dialogo e del confronto culturale rivolto a tutti, italiani e stranieri, per costruire le forme di una cittadinanza attiva, consapevole e interculturale.
Il “Paradigma dei dodici bisogni”
I sostenitori di un ruolo attivo della scuola, affermano che bambini e adolescenti hanno la necessità di sviluppare la propria identità, sia attraverso altre agenzie formative, sia in primis attraverso la scuola, un’identità che è fatta anche di bisogni di accettazione, di socializzazione, di valori in cui credere.
La scuola in Italia, del resto, è tutt’uno con i valori costituzionali che rappresenta: dal pieno sviluppo della persona umana, a proposito del diritto all’apprendimento degli alunni e al successo formativo, all’esercizio della responsabilità educativa delle famiglie, sino alla libertà di insegnamento, intesa anche come ricerca e innovazione metodologica e didattica.
E ora? Nell’emergenza Covid 19?
Il comma 153 della Legge 107 del 13 luglio 2015 già accenna, in termini concreti e strutturali, alla necessità di “favorire la costruzione di scuole innovative dal punto di vista architettonico, impiantistico, tecnologico, dell’efficienza energetica e della sicurezza strutturale e antisismica”, in modo da renderle coerenti con la transizione ecologica in atto, per favore i valori della salute e della sicurezza.
In questo caso, la situazione di emergenza ha costituito uno sprone ad accelerare ciò che da tempo è nelle condizioni per essere, non solo immaginato, ma anche realizzato.
Il DPCM dell’8 marzo 2020 ha, infatti, previsto che “i dirigenti scolastici attivano, per tutta la durata della sospensione delle attività didattiche, modalità di didattica a distanza, avuto anche riguardo alle esigenze degli studenti con disabilità”, nel rispetto delle competenze degli organi collegiali scolastici.
Non si tratta di un ripiego, ma di una strategia, impostata già prima dell’emergenza e che l’emergenza, sino alla proclamazione della pandemia, in data 11 marzo 2020, da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha ulteriormente sollecitato. In tal modo si sta cercando di garantire, anche con la didattica a distanza, il funzionamento dell’istituzione scolastica.
La DaD sta diventando un patrimonio di valori, etici e civili, oltre che educativi e culturali, di cui potremo forse giovarci anche dopo l’emergenza sanitaria, e speriamo che da questo impegno la scuola esca rafforzata. La didattica a distanza si presenta come un ponte gettato verso la speranza di un’ordinata ripresa dell’attività scolastica, quando ci saranno le condizioni per farlo.
Siamo di fronte ad un cambio del sistema che senza dubbio segna un passaggio d’epoca e di mentalità: dal lavoro legato alla presenza allo smart working generalizzato, qualcosa che può comportare cambiamenti più profondi di quelli perseguiti, tra luci e ombre, con un consistente ricorso alla tecnologia.
Può anche essere l’occasione per riannodare la relazione di fiducia tra un paese e la sua scuola, poiché essa sta compiendo uno sforzo non banale, ma può essere ancora un influencer della società?
Sicuramene la scuola mantiene la responsabilità di preparare le nuove generazioni a un futuro che, essendo ancora più vago e indefinito, provoca molta ansia nelle generazioni più adulte.
Oltre alle nuove emergenti forme di disagio, quali violenze familiari fisiche e sessuali, disturbi alimentari, videodipendenze, bullismo, omofobia, tendenze suicidarie, la scuola oggi deve mandare un messaggio positivo alla società, deve far sentire la sua presenza più che mai, una presenza sicura e rassicurane.
Non a caso, la riapertura delle scuole, è un passo in avanti verso il ritorno alla normalità, dopo le fasi più critiche della pandemia Covid-19. Genitori, nonni e quanti altri hanno vissuto con gli alunni le fasi del lockdown, senza dubbio hanno verificato l’impatto negativo che la chiusura delle scuole ha avuto in termini non solo di organizzazione “familiare”, ma anche e soprattutto del benessere dell’intera società.
Conclusione
Se dunque la scuola è uno specchio concavo della società: ci restituisce ingrandite, qualche volta ribaltate, le sue potenzialità e virtù, insieme alle inefficienze e ai vizi. In questa nostra fase di fragilità dei legami civili e delle comunità primarie, a cominciare dalla famiglia, occorre riguardare la scuola come un grande ed indispensabile bene comune, che può svolgere un ruolo unico nella rigenerazione dei legami, di ritessitura della corda che ci unisce, della fiducia civile.
Per approfondimenti
- Pourtois e H. Desmet, L’educazione post moderna, Tirrenia-Pisa, Del Cerro, 2006.
S.Brint, Scuola e società, Bologna, Il Mulino, 2008.
Bonaccini Silvia, classe 1972, laureata in Scienze della Formazione Primaria e Dirigente e Coordinatore dei servizi socio- educativi e scolastici, in servizio presso l'Istituto Comprensivo Venturino Venturi di Loro Ciuffenna (Ar), come docente di Scuola Primaria, ha svolto numerosi corsi di aggiornamento e laboratori propedeutici a diverse attività del settore scolastico. Nella sua carriera scolastica ha svolto il ruolo di capo sede, funzione strumentale della valutazione per molti anni, redatto il PON che ha fatto risultare vincitore il suo Istituto ed è tutt'ora membro del Comitato di Valutazione.