Un anno di Covid

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Tutto inizia un anno fa a Wuhan, quando viene identificato un virus che comincia a correre velocissimo e a dffondersi in Asia. I numeri parlano di 300 casi nel mondo e 6 decessi confermati, ma in Occidente nessuno si sente in pericolo. In Cina, però, per contenere l’epidemia, il 23 gennaio 2020 viene decretato il lockdown. Da un giorno all’altro, l’intera provincia dell’Hubei viene isolata e sessanta milioni di persone finiscono in quarantena. 

Verso fine gennaio, la gravità della situazione inizia a diventare più chiara e diversi Paesi europei fanno rientrare i propri cittadini dalla Cina. L’OMS dichiara lo stato di emergenza sanitaria globale. Contemporaneamente vengono accertati due casi a Roma, turisti cinesi provenienti da Wuhan, subito messi in isolamento. Il rischio per il nostro Paese è considerato basso, ma il Governo italiano decide di chiudere il traffico aereo da e per la Cina e di rimpatriare i nostri connazionali dalla zona a rischio. 

Nella prima settimana di febbraio nuovi casi spuntano ovunque. Le cifre parlano di circa 35.000 contagiati e 719 morti, tra i quali il primo medico cinese che aveva dato l’allarme sulla diffusione del nuovo virus e che era stato censurato e arrestato. A metà febbraio l’OMS nomina ufficialmente la malattia: Corona Virus Disease scoperto nel 2019 (CoViD-19). Vengono annullate le più importanti fiere mondiali, ma in Occidente l’allarme è ancora contenuto. 

Il 21 febbraio 2020 arriva la conferma del primo caso italiano all’ospedale di Codogno, il cosidetto paziente 1 (se ne scopriranno altri precedenti). Da quel giorno niente sarà più come prima. Il Governo italiano cerca di isolare persone e zone infette. All’alba dei primi tracciamenti dei positivi, l’atteggiamento dei cittadini è incredulo, ma anche emotivo. Le persone si ammassano nei supermercati prendendo d’assalto i generi di prima necessità. Si affrontano i problemi di rifornimento di quell’oggetto che d’ora in poi risulterà indispensabile nella lotta al virus: la mascherina, introvabile nelle farmacie e con aumenti di prezzo stratosferici. 

A fine febbraio, il nostro è il Paese europeo con più contagiati. L’Austria sospende i treni dall’Italia, il Kuwait interrompe i voli e altri Paesi vietano l’ingresso agli italiani. Il Governo e le Regioni cercano di capire cosa fare in base all’evolversi della situazione e in alcune zone si mette in atto un’analisi a tappeto della popolazione. Dai test, diventa evidente il grande numero di asintomatici, untori inconsapevoli, e s’intuisce che abbiamo a che fare con un nemico subdolo e invisibile. 

Il 28 febbraio 2020 l’OMS annuncia che il virus ha origini animali e poi, con un salto di specie, è arrivato all’uomo. Ai primi di Marzo nel nostro Paese la pandemia comincia ad andare fuori controllo, soprattutto in Lombardia, dove i focolai della bergamasca fanno impennare i numeri. Come reazione il Governo chiude le scuole e blocca le manifestazioni sportive, i posti dove ci sono i maggiori assembramenti. 

Tutte le attività didattiche in presenza nelle scuole di ogni ordine e grado e nelle università sono sospese. Viene attivata la didattica a distanza (DAD). La maggior parte dei docenti viene colta alla sprovvista, evidenziando poca dimestichezza con le nuove tecnologie. I Dirigenti corrono ai ripari, attivando corsi di formazione sulla didattica digitale e spostando le lezioni sulle piattaforme online. Con grande reattività, il mondo della scuola cerca di riorganizzarsi e di elaborare nuovi percorsi e ambienti di apprendimento. 

Le difficoltà sono tante. Non tutti gli alunni hanno accesso alla DAD, nonostante i fondi stanziati dal Governo per l’acquisto di dispositivi e connessioni. Numeri importanti, che però non sono sufficienti a colmare il digital divide e nemmeno a superare le difficoltà dei 300.000 disabili costretti ad interagire con uno schermo.

Gran parte della gestione familiare si riversa sui nonni perché le scuole sono chiuse, ma i genitori devono andare a lavorare. L’8 marzo 2020 la Lombardia e quattordici province del Nord Italia diventano zona rossa, rimanendo completamente isolate. Nonostante le misure appena varate, la situazione continua a peggiorare e i malati aumentano in modo vertiginoso. Per questo, a sole tre settimane dal primo caso italiano, il governo decreta il lockdown nazionale, una decisione senza precedenti che comporta l’impossibilità di uscire liberamente da casa, una privazione delle libertà personali, ma l’unica misura possibile per il contenimento dei contagi. 

L’11 marzo 2020 l’OMS dichiara la pandemia globale. Lo slogan che poche settimane prima era #l’Italianonsiferma, diventa #iorestoacasa. Il continuo aumento dei malati fa temere il peggio, per cui nei giorni successivi, oltre all’autocertificazione per gli spostamenti arrivano altre restrizioni. L’Italia, prima in Europa, si blocca quasi completamente: chiudono le attività commerciali non essenziali. 

Sono giorni surreali. Per strada si sentono solo le sirene delle ambulanze, i posti in terapia intensiva in Lombardia scarseggiano. I medici e gli operatori sanitari diventano i nostri eroi. Gli studenti dietro gli schermi dei computer disegnano arcobaleni con un unico messaggio #andràtuttobene. Il 18 marzo 2020 tutto il mondo assiste a una scena che nessuno potrà mai dimenticare: settanta camion dell’esercito portano via da Bergamo le salme dei morti perché i cimiteri della città sono pieni. 

L’Italia è piegata dalla pandemia, ma si cerca di reagire e di farsi forza, cantando sui balconi, scene che rimbalzano su tutti i media. In quegli stessi giorni il virus inizia ad invadere anche gli altri Stati Europei e vengono chiusi tutti i confini. A tre mesi dall’inizio della pandemia in Cina, è tutto il mondo a doversi fermare: le Olimpiadi di Tokyo vengono rinviate, gli Europei di calcio sospesi, rimandati Wimbledon e il Giro d’Italia. 

La scena di Papa Francesco che cammina da solo per le strade di Roma e fa la sua benedizione in una piazza S. Pietro deserta, rimane nella storia. L’8 aprile, dopo tre mesi e mezzo, Wuhan esce dal lockdown. I palazzi tornano ad illuminarsi, i negozi vengono riaperti, treni e auto tornano a correre, insomma si ritorna alla normalità. Nello stesso momento, l’onda del virus investe con violenza l’altra parte del globo. Dagli Stati Uniti vengono diffuse le immagini delle fosse comuni a Hart Island, ribattezzata l’isola degli orrori, per i cadaveri del Bronx. 

E’ il 20 aprile 2020 e dal caso di Codogno sono passati due mesi. La notizia più bella è che in Italia, finalmente, c’è il primo calo di positivi rispetto al giorno precedente. A Maggio, quindi, inizia la fase 2: molti lavoratori possono ricominciare a lavorare e i cittadini a spostarsi un po’ più liberamente. Mentre l’Europa comincia a leccarsi le ferite perché contagi e ricoveri si stanno abbassando con continuità, il Sudamerica diventa il nuovo epicentro della pandemia. In Brasile scoppia una crisi sanitaria senza precedenti e arrivano le immagini shock di una fila infinita di bare nelle fosse comuni. In Italia, a inizio giugno il governo riapre i confini regionali e inizia la fase 3. 

Ad essere travolti dal Covid sono anche gli Esami di Stato: quelli di terza media si svolgono in remoto, con gli studenti collegati da casa. La maturità, invece, si consuma senza prove scritte e, nel rispetto delle regole anticontagio, con l’orale in presenza su argomenti di tutte le discipline del quinto anno. 

L’anno scolastico termina tra documenti burocratici di revisione delle programmazioni e la pianificazione del recupero degli apprendimenti. A luglio comincia a far discutere il bando europeo per i banchi con le rotelle (per i nuovi ambienti di apprendimento che la scuola italiana fa fatica a concepire), polemica che non si è mai placata. Le criticità da risolvere, prima della ripertura di settembre, riguardano principalmente il trasporto scolastico, l’assistenza agli alunni con disabilità e la reperibilità di spazi per assicurare il regolare svolgimento delle attività didattiche.

Ma in estate c’è la voglia di lasciarsi tutto alle spalle e finalmente il 29 agosto 2020 è il nostro miglior giorno con un solo morto di Covid. Purtroppo, però, non bisogna abbassare la guardia perché a settembre in Europa il numero dei positivi riprende a crescere, anche se nel nostro Paese la curva dei contagi sembra sotto controllo. Il 14 settembre riprendono le attività didattiche in presenza. In sicurezza, con entrate scaglionate e nuove regole, la scuola (quasi in tutto il Paese) si rimette in moto, cercando di ricreare una difficile normale quotidianità. 

I problemi sono tanti. Nel mese di agosto le graduatorie per i precari sono state digitalizzate con l’entrata in vigore delle GPS (Graduatorie Scoalstiche Provinciali) regolate da frettolosi algoritmi di collocazione dei precari. Mancano gli insegnanti e il solito balletto dei supplenti si rivela più vorticoso che mai. Nel frattempo, la DAD è diventata DDI (Didattica digitale integrata) e regola le lezioni a distanza in caso di un nuovo eventuale lockdown o di quarantena, ma apre definitivamente le porte ad una didattica digitale che si è rivelata indispensabile, durante l’emergenza.

Il tema ricorrente durante l’autunno è ovunque quello del vaccino, per uscire dalla crisi sanitaria ed eeconomica. Ad ottobre la Francia è il primo Paese ad essere investito dalla seconda ondata con migliaia di contagi al giorno, che porta ad un nuovo lockdown (seguiranno Germania e Olanda). I casi in tutta Europa sono triplicati rispetto a Marzo. Si viaggia con numeri che fanno paura: oltre 20.000 casi al giorno. Anche il governo italiano inizia a prendere nuovi provvedimenti. 

Nella scuola vengono introdotte nuove disposizioni volte a limitare le attività aggregative, sportive e progettuali. Dei concorsi per docenti banditi durante l’estate, l’ordinario è fermo. Lo straordinario parte, ma si blocca a inizio novembre. Gli studenti delle superiori sono quelli più penalizzati e restano a casa a svolgere lezioni a distanza, una condizione che in alcune regioni e aree a rischio coinvolge anche gli alunni della seconda e terza media. 

L’Europa è di nuovo nella morsa del virus e gli USA hanno più contagiati e morti al mondo. L’Italia viene divisa in tre fasce colorate in base al rischio epidemiologico e la Cina ribalta le dinamiche vietando l’entrata nel Paese ai cittadini italiani. Ora gli untori siamo noi. 

Alla fine di novembre, fortunatamente, la curva dei contagi inizia leggermente a scendere, ma il Governo emana nuove misure restrittive valide nel periodo natalizio con lockdown nei giorni di festa. Si temono le conseguenze dello shopping natalizio e dei cenoni. Intanto stanno arrivando i vaccini e si comincia a pensare alla distribuzione. Il 14 dicembre è il V-Day negli USA; il 27 dicembre è il V-Day in Europa. La campagna italiana parte dagli operatori sanitari e dagli anziani. Il 2020 si conclude con l’immagine di piazze vuote, la speranza che il vaccino possa aiutarci a sconfiggere definitivamente il virus e la promessa del governo di modernizzare il Paese con i fondi europei.

Le scuole chiudono per le vacanze natalizie con l’obiettivo di far rientrare in classe a gennaio gli studenti delle scuole superiori, Covid permettendo. Alla ripresa, la curva dei contagi non è rassicurante e preoccupano le varianti del virus. Si aggiungono poi i tanti problemi pratici che si scontrano con la rivendicazione di abbracci e contatto umano. I giovani, privati della normalità, aspettano resilienti di poter tornare a vivere la loro scuola, il luogo in cui si impara insieme e si condividono emozioni ed esperienze.

Non è finita, ancora tanto dovremo riconquistare, magari partendo dal valore che la scuola, nella sua assenza materiale, ha saputo insegnarci. Il futuro dipenderà dalla crescita umana, culturale e sociale di una Comunità che affronta con coraggio le sfide della vita. I nostri studenti sono testimoni di un anno durissimo di incertezze e preoccupazioni, di sacrifici e isolamento, ma potranno ricostruire, diventando protagonisti del cambiamento e della rinascita.    

                                                                    

Mi chiamo Stefania Altieri. Sono insegnante e formatrice, ambasciatrice Scientix e moderatrice eTwinning di un gruppo tematico europeo sul coding. Sono appassionata di TIC e di didattica digitale. Credo fermamente nel ruolo dell’insegnante nella formazione delle nuove generazioni per un futuro migliore e responsabile.

 

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