Educazione Interculturale: quale senso oltre il “Politically Correct”?
Posto che “fare di necessità virtù” quale risposta soddisfi poco, si potrebbe immaginare il processo di educazione interculturale come un percorso determinato da singole opere d’arte che interagiscono tra loro a costituire un’estesa installazione.
L’installazione risultante, assume, rispetto alle singole opere di partenza - che pure mantengono valore e funzione propri - significati, valore e funzione altri, in grado di modificare l’immaginario collettivo per giungere ad una visione nuova, fondata su un equilibrio di tipo complementare tra identità culturali.
È una prospettiva in cui il rapporto tra le parti si basa sull’interdipendenza positiva per il raggiungimento di obiettivi comuni (la condivisione dei beni comuni, per esempio).
Il riferimento all’arte visiva non è qui casuale. Tra i motivi vi è la condivisione del pensiero che il pittore bagherese Renato Guttuso (1911 – 1987), più di ogni altro artista italiano del suo tempo, ha espresso nella sua opera, secondo la convinzione che l’Arte debba procedere in pari tempo con la militanza civile.
L’ambito dell’arte visiva contemporanea si dimostra sensibile al profondo e repentino cambiamento che interessa la vita nel mondo intero.
Al di là dei risultati rispetto agli intenti, cari alla critica, ma dei quali qui non si discute, è sintomatico che la 59esima edizione della “Biennale Arte” di Venezia (23 aprile – 27 novembre 2022), intitolata dalla curatrice Cecilia Alemani “Il latte dei sogni”, sia stata pensata come “palcoscenico” della mutazione che investe il sapere umano e la condizione umana nel mondo.
Il titolo dell’edizione in corso è ispirato a un libro di favole dell’artista surrealista Leonora Carrington, nel quale è descritto un mondo magico in cui la vita viene continuamente reinventata. Come spiega la curatrice in una sua dichiarazione “Molte artiste e artisti contemporanei stanno immaginando una condizione postumana, mettendo in discussione la visione moderna occidentale dell’essere umano, in particolare la presunta idea universale di un soggetto bianco e maschio ‘uomo della ragione’ - come centro dell’universo e come misura di tutte le cose”.
In una prospettiva interculturale, alla base delle interazioni tra differenti sfere culturali, spesso tra loro anche molto distanti, vi è un “movimento di reciprocità” in termini di curiosità, riconoscimento, valorizzazione, visioni, atteggiamenti, condivisione di narrazioni e sistemi di valori e disvalori, creazione di significati, contaminazione e conservazione critica della propria cultura.
Un altro movimento sottende a quello sopracitato. È un movimento verso due direzioni:
- quella della conoscenza e conservazione delle proprie radici culturali;
- quella di apertura all’”esotico”.
Ma c’è, a mio parere, un’altra direzione ugualmente importante: quella verso l’investimento sull’altro. Investire autenticamente sull’altro significa, non solo assumere ad assioma la necessità di ascolto e rispetto dell’altro, ma riconoscere e preservare dell’altro l’identità invisibile e ascrivibile alla memoria culturale, l’inenarrabile, il non direttamente condivisibile.
C’è un invisibile nel processo di reciproca conoscenza che persiste sotto forma di silenzio da non dissolvere. Ci sono confini da non travalicare, al di là dei quali lo sguardo esterno si deve arrestare in un rispetto reverenziale. Ci sono solitudini da non disturbare. Riconoscerne l’esistenza è condizione fondamentale affinché la relazione fra le parti esista autenticamente.
Conoscersi non significa annientare la reciproca distanza, fagocitarsi, assumersi a puro oggetto di indagine, o peggio ancora, di un qualsivoglia tornaconto.
“Uso il nero come protagonista, perché sono nero”, diceva l’artista, icona newyorchese degli anni ’80, Jean Michel Basquiat.
In quanti possono riconoscersi nei lineamenti approssimativi ed esteticamente grezzi delle figure rappresentate da Basquiat?
In quanti possono rinvenire nelle posture di tali figure le tensioni e i conflitti dell’ambiente ostile custodito nella propria memoria?
L’Arte è l’unico luogo che io conosca, in grado di fornire occasioni di identificazione culturale, di riconoscimento ed espressione di ciò che è recondito (ma c’è) e al contempo di rendere sacri certi silenzi.
In particolare, l’arte visiva, che oggi si dimostra vitale, dinamica, ad ampia diffusione geografica, dai confini fluttuanti rispetto alle forme e che ora più che mai manifesta apertura di pensiero rispetto al futuro, diventa luogo del possibile. Un luogo ove l’indugiare e l’ambiguità del senso fa entrare aria dalle finestre chiuse dell’ottusità comune.
Certamente non mancano i detrattori che, per diverse ragioni, ad essa guardano spesso con sospetto ed altrettanto spesso con disprezzo. Sta di fatto che, l’arte visiva contemporanea, in ragione della fluidità nei metodi che la caratterizza, è spesso luogo di ricerca, di indagine critica sul mondo. È luogo in cui s’innesca movimento di pensiero e di azione.
Attraverso le immagini vi è un superamento del “logos” che preserva l’indefinito in cui l’inatteso può accadere.
L’ovvio si stringe nella crisi determinata dalla decostruzione delle certezze. Si aprono finestre. Si riconfigura il reale. Si amplia il sapere.
Secondo le “Indicazioni Nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo d’istruzione” del 2012: “La familiarità con immagini di qualità ed opere d’arte sensibilizza e potenzia nell’alunno le capacità creative, estetiche ed espressive, rafforza la preparazione culturale e contribuisce ad educarlo ad una cittadinanza attiva e responsabile”.
A questo si può senz’altro aggiungere che la familiarità con le immagini e le opere d’arte rende positiva ed auspicabilmente produttiva l’esperienza della “contaminazione” culturale, la quale nei secoli si è resa manifesta attraverso la dimensione artistica.
Anna Rita Cancelli, docente. Laurea in Pedagogia conseguita presso Università del Salento con voto 110/110 e Lode; Master universitario di I livello in “Legislazione Scolastica e Management della Negoziazione” conseguito presso Facoltà di Giurisprudenza, Università degli Studi di Perugia. Perfezionamento in “Storia della Filosofia” conseguito presso Università del Salento. Perfezionamento in “Psicologia di Comunità e Empowerment delle donne. Le identità di genere nell’epoca post-moderna” conseguito presso Università del Salento. Specializzazione biennale polivalente per le attività di sostegno conseguita presso Università del Salento. Partecipazione al corso della Provincia di Lecce per “Esperto dell’approccio integrato ai minori a rischio di devianze” nell’anno 1997. Operazione matematica preferita: la sottrazione.