Una voce fuori dal coro…sì alla classe ma non virtuale!

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Il clima di questi giorni ha visto l’innovazione didattica trasformarsi da mezzo a fine. Ci si è mossi in modo poco consapevole e preparato, passando da un’emergenza all’ altra con la fretta di completare un programma, in una logica del profitto, raggiungendo le famiglie e gli studenti costretti nelle mura domestiche per contenere la diffusione pandemica del coronavirus.

 

 

“Un giorno le macchine riusciranno a risolvere tutti i problemi, ma mai nessuna di esse potrà porne uno.”
(Albert Einstein)

Questa emergenza sanitaria ha travolto le nostre esistenze richiedendo in tempi brevissimi una riformulazione delle nostre vite, già altamente compromesse da tante fragilità tipiche della società del nostro tempo, la società liquida.Le attività didattiche sono state sospese e le scuole, anche quelle che erano da anni in confort zone, sono state chiamate a prendere decisioni rapide ed efficaci, spesso eludendo il rispetto delle procedure democratiche e il coinvolgimento di tutti gli attori dello scenario educativo, come è ovvio che accada in situazioni di esasperata emergenza.La soluzione è stata, quindi la veloce introduzione della didattica a distanza, da tutti accolta come una vera rivoluzione tecnologica, un’opportunità che avrebbe valorizzato e reso efficiente la scuola.Certamente la conoscenza e l’uso di nuovi strumenti di insegnamento rappresentano per i docenti e gli allievi di ogni età e fascia sociale, un ulteriore arricchimento, capace di ridurre le disuguaglianze, di essere un valido supporto per l’ampliamento degli argomenti ma tutto questo deve essere utilizzato come uno strumento nelle mani della comunità educante, per evitare l’omologazione della didattica e la disumanizzazione del docente. 

L’art. 33 della Costituzione recita “ …l’ arte e la scienza sono libere e libero ne è l’ insegnamento…”., infatti, l’ insegnamento è un ‘arte che si esprime attraverso emozioni, sguardi, contatti personali, dove si sceglie la didattica più opportuna alla classe, al singolo alunno e insieme si cresce.La didattica via web può supportare ma non affannare, perché fare scuola significa soprattutto incontrarsi. Inoltre, bisogna considerare che le forme di didattica attualmente in uso non garantiscono in modo equo il diritto allo studio poiché alcuni studenti non sono coinvolti, hanno problemi di connessione o non sono in grado di seguire queste iniziative.La crisi che stiamo vivendo dovrebbe offrirci l’occasione di interrompere la corsa alla velocità-quantità della didattica, che è spesso motivo di frustrazione e abbandono scolastico da parte degli studenti. Dovremmo rallentare i nostri ritmi di vita e immaginare una scuola non più basata sulle prestazioni e valutazioni.

Alcuni insegnanti hanno attivato piattaforme on line, diverse forme di e-learning per provare a ricomporre la classe, a raggiungere anche quegli alunni in situazione di disabilità che rappresentano lo zoccolo duro dell’attuale situazione, perché per loro è necessario il contatto fisico, il sentirsi accolti, apprendono osservando l’altro e sperimentando gli errori e i successi e non si può “fare scuola” in altro modo, serve la classe ma non quella virtuale!Con i tagli alla scuola pubblica il docente è stato lasciato solo, con le sue difficoltà e adesso in questa emergenza si sente anche disorientato poiché molti non hanno un’adeguata formazione per gestire in modo ottimale l’uso delle piattaforme per la didattica a distanza che non può essere improvvisata a causa di una situazione inattesa. Alcune discipline, come musica, scienze motorie, attività laboratoriali, mal si adattano a questa nuova modalità di fare scuola e riportano a numerosi interrogativi.Non bisogna dimenticare anche il ruolo che hanno le famiglie, chiamate a collaborare e a dare il consenso digitale per poter utilizzare gli strumenti informatici quando si tratta di minori di anni quattordici, cosi come enunciato nel decreto n.196/2003.Concludo con un’osservazione…in un mondo dove, ora, tutto è rallentato e isolato, all’ interno delle nostre abitazioni sembra che si possa sopravvivere e comunicare solo se provvisti di nuove tecnologie ma in realtà io ho visto gente uscire fuori ai propri balconi e comunicare cantando canzoni…questa non è tecnologia!     

Rosalia Rossi (10/07/1965) napoletana, docente di Storia e filosofia. Laureata in Pedagogia con 110 e lode consegue Master Europeo di II livello in Mediazione e gestione dei conflitti. Interessata alle dinamiche sociali e relazionali, si forma come Counselor, Mediatrice familiare ed esperta in PNL Basic Practitioner. Esperta in criminologia clinica. Ha assunto incarico di collaborazione e tutor con l' Università degli studi di Napoli "Suor Orsola Benincasa"; ha partecipato al forum mondiale della Mediazione al Centre de Congres La Regent a Cras Montana con stages in Spagna e Svizzera sulle tematiche della mediazione  del conflitto nei Paesi Europei. Relatrice a corsi di formazione per adulti su " Comunicazione e conflitto". Ha ricoperto per quattro anni il ruolo di collaboratore vicario, componente Consiglio D 'Istituto e del Nucleo Interno di Valutazione. Ha ricevuto encomio dal Dirigente Scolastico per l'eccellente lavoro di collaborazione svolto presso il proprio Istituto.

 

                                                                              

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