Il termine emozióne deriva da émotion, da émouvoir, ossia «mettere in movimento». Si tratta di un’impressione viva, una sorta di turbamento, eccitazione. In psicologia, il termine indica genericamente una reazione complessa, di tipo soggettivo, in cui entra in campo la componente mimica. Innanzitutto le emozioni vanno distinte dai sentimenti, sia perché le prime sono immediate, mentre i secondi emergono dopo una personale rielaborazione.
Differiscono gli uni dalle altre, anche per l’intensità in cui si esprimono; mentre le emozioni ci spingono ad agire, i sentimenti ci portano a riflettere. Offre interessanti spunti in tal senso la visione del film d’animazione “Inside out”, della Walt Disney Pictures, la cui discussione in classe può portare alla realizzazione di interessanti spunti di lavoro.
Addentrarsi nei meandri degli aspetti più tecnici della psicologia legata alle emozioni ci conduce direttamente per mano verso il campo delle Neuroscienze, ambito che è stato indagato, fra l’altro, dalla docente universitaria, esperta di disturbi dell’apprendimento, Daniela Lucangeli.
Secondo la studiosa, vi sono evidenze neuroscientifiche che dimostrano come le emozioni abbiano un ruolo molto importante anche in ambito scolastico e si riflettano sulla qualità dell’apprendimento degli alunni. Pare, infatti, che sia l’intelligenza che l’apprendimento funzionino al meglio quando si è felici.
L’insegnante, che si trova a costituire il perno di questo processo, non ha il compito, nello specifico, di far ridere continuamente i propri alunni, ma deve porsi nella posizione di “mediatore di benessere” nell’ambito dei processi di apprendimento. Così come descrive ampiamente nel recente volume che ha redatto, “Cinque lezioni leggere sull’emozione di apprendere”, la Lucangeli afferma che “Se imparo con curiosità e gioia, la lezione si incide nella memoria con curiosità e gioia. Se imparo con noia, paura, ansia, si attiva l’allerta”.
Si viene in tal modo a creare un “cortocircuito negativo”. Essendo tuttora – secondo la studiosa – il modello prevalente “io-insegno-tu-apprendi-io-verifico”, ne consegue che l’apprendimento che ne risulta è “formale, formalizzato e passivizzante”. Viceversa a scuola c’è grande necessità di “carezze educative” per formare gli alunni, ciascuno secondo le proprie potenzialità ed i propri ritmi di apprendimento e, allo stesso tempo, c’è l’urgenza di riacquisire il diritto di sbagliare, per non vivere l’errore con sensi di colpa e paura.
Per modificare l’atteggiamento emotivo, quindi, è necessario reimparare le emozioni “warm”, ossia “calde”, trattandosi delle “chiavi di accesso all’anima, alla persona viva e profonda”.
La “warm cognition” è un filone di ricerca attuale che tiene conto delle emozioni sottostanti i processi di apprendimento, per cui il pensiero di una persona è influenzato dal proprio stato emotivo. In parole povere, la cognizione calda è una cognizione supportata dall'emozione. La cognizione calda contrasta con la cognizione fredda, che implica un'elaborazione cognitiva delle informazioni indipendente dal coinvolgimento emotivo.
Si propone che la cognizione calda sia associata all'eccitazione cognitiva e fisiologica, in cui una persona è più reattiva ai fattori ambientali. Questo accade perché emozione e cognizione sono due facce della stessa medaglia, fortemente interconnesse fra loro e che operano a livelli ancestrali.
Alla luce di tali riflessioni, si può quindi affermare che ragione ed emozioni non sono due poli opposti, al contrario, ogni funzione emotiva racchiude componenti cognitive e viceversa: conoscere e valutare le emozioni, significa dunque riuscire a pensare e decidere meglio. Il successo nell’apprendimento, quindi, non è dato soltanto dall’intelligenza e dalla razionalità, ma un ruolo altrettanto importante è svolto dalle emozioni.
Processi educativi rigidi ed intransigenti hanno condotto gli insegnanti, in passato, a non prestare attenzione agli aspetti emotivi nelle scuole, considerandoli controproducenti e di ostacolo al funzionamento della didattica. Venivano in tal modo ignorate, o sottovalutate, in passato molto più rispetto all’epoca attuale, la complessità dell’essere umano e la sua unicità.
Sono stati gli studi di Lev Semënovič Vygotskij (1896-1934) i primi a porre in evidenza come l’emozione influisca nel processo di apprendimento in quanto agisce come guida nel prendere decisioni e nella formulazione di idee.
Tra i molteplici studi nel settore, risultano particolarmente interessanti quelli di Piaget, Gardner (Teoria delle intelligenze multiple) e Goleman (L’intelligenza emotiva), il quale riprende il concetto di intelligenza emotiva e le sue interazioni con il benessere psicologico della persona, dando grande rilievo all’“educazione emozionale”. Ma soprattutto emergono le considerazioni di Benjamin Samuel Blum, per cui esiste uno stretto rapporto che lega affettività e motivazione ad apprendere. Le variabili affettive e motivazionali dell’individuo esercitano un’azione rilevante nei processi di conoscenza, comprensione e socializzazione.
Dunque, se adeguatamente valorizzate dalla didattica, le emozioni possono trasformarsi in risorsa per il docente che le sappia adeguatamente inglobare nella pianificazione operativa del proprio lavoro.
Essere insegnanti consapevoli di tali processi, significa anche non solo avere una formazione continua ed attenta, a tutto tondo, non solo alla preparazione teorica, ma anche alle persone in formazione, al loro apprendimento ed al loro legame con la realtà.
Questo far “entrare in gioco le emozioni” a scuola, richiama alla mia memoria il testo dello psicanalista Massimo Recalcati, dal titolo “L’ora di lezione”, nel quale una giovane professoressa di Lettere riesce a compiere un piccolo miracolo all’interno della classe, in quanto col proprio modo di insegnare “apre nuovi mondi” negli studenti, attraverso un insegnamento che non è puramente nozionistico, ma trascinante ed avvolgente.
L’approccio al libro di Recalcati porta ciascun lettore a riflettere su un tema apparentemente semplice che è il processo di insegnamento-apprendimento basato sulle emozioni, sui tanti docenti che, nel percorso scolastico di ciascuno di noi, non hanno considerato questi aspetti.
Ne emerge la complessità nel saper dosare, come ingredienti di una ricetta sopraffina, “saperi”, ma anche metodi, azioni, modalità di comunicazione e capacità relazionali. Ciò deve essere favorito dalla preparazione personale, dalla formazione continua e comune, e dalla disponibilità a condividere attività comuni, l’ascolto reciproco e l’accettazione di punti di vista diversi dal proprio. Ciò, inoltre, permetterebbe di riflettere su come e cosa insegnare e, soprattutto, sul perché insegnare.
A qualsiasi ideale corrisponda l’insegnante – ed il modello si forma in base agli esempi che ciascuno di noi ha avuto nella propria carriera – regolativo, gratificante o… il “vero maestro”, ossia colui che mostra all’allievo la realtà così com’è, senza denigrarla o edulcorarla. Trasmettendo il piacere che si può provare nell’addentrarsi nel mondo del sapere, l’insegnante favorirà negli allievi la motivazione ad apprendere.
L’“ora di lezione” deve avere, insomma, un potere motivante, che si avrà se l’insegnante saprà stabilire una specie di alleanza: chi sta imparando deve essere necessariamente attivo insieme a chi sta insegnando.
Uno dei metodi più diffusi e conosciuti in questo ambito è il Metodo chiamato RULER, che significa letteralmente “righello” ma che è in questo caso l’acronimo di Recognizing, Understanding, Labeling, Expressing, and Regulating Emotion, ossia riconoscere, comprendere, definire, esprimere e gestire le emozioni.
Questo metodo rappresenta il frutto del lavoro di oltre 20 anni di ricerche e studi di un team di ricercatori americani dello Yale Center of Emotional Intelligence. Esso propone una serie di strumenti e attività (fra cui strumenti ludici e tecniche di comunicazione specifiche) che hanno lo scopo di migliorare il clima di classe creando equilibrio, la sicurezza psico-fisica a scuola, un clima positivo in classe sviluppando relazioni interpersonali basate su empatia, fiducia e partecipazione fra le persone.
Questo metodo è stato impiegato con successo in centinaia di scuole americane e in altri Paesi in Europa, tra cui Italia, Spagna, Australia ed Inghilterra. In particolare in Italia è stato applicato e adattato per la prima volta nell’anno scolastico 2014-2015 presso due Istituti Comprensivi di Firenze. L’integrazione del metodo RULER nel curriculum scolastico, in sintesi, pare rappresenti un concreto contributo per il miglioramento del benessere individuale e collettivo, per il raggiungimento degli obiettivi scolastici e personali e di risultati scolastici positivi.
Secondo il professor Umberto Galimberti, che ha discusso tale tematica durante la fiera “Didacta” a Firenze, avente per tema il metodo Ruler, “l’apprendimento per il tramite dell’intelligenza emotiva è gravemente trascurato dal sistema scolastico italiano. L’educazione emotiva, carente già a partire dall’ambiente familiare, per gli impegni dei genitori, scarseggia anche nel nostro sistema scolastico. E quando un ragazzo non riesce a sviluppare adeguatamente la propria dimensione affettiva, il rischio è quello di ricadere in forme di violenza e bullismo”.
Il ricercatore lascia emergere il tema delle classi-pollaio, decisamente poco produttive e della preparazione specifica dei docenti, che dovrebbero essere selezionati non solo per la loro preparazione culturale, ma anche in base a criteri emotivi. In pratica, “se una persona non è empatica e coinvolgente non può fare l’insegnante”, in quanto “si tratta di aspetti che non si possono imparare”.
Galimberti, rispetto alle innovazioni tecnologiche nella scuola, preferirebbe vedere le classi piene “di letteratura, soprattutto di romanzi, che permettono di definire le proprie emozioni immedesimandosi nella vita degli altri.” Studi recenti e ricerche mettono in evidenza che “Il razzismo nasce proprio dall’incapacità di riconoscersi nell’altro, e su questo dobbiamo intervenire, oggi più che mai”.
L’attenzione alla dimensione emotiva è quindi una delle sfide che la scuola del nuovo millennio dovrà affrontare: imparare a conoscere e comprendere il proprio spazio interiore consentirà di valorizzare i vari vissuti e le diversità, affinché tutti siano aiutati ad essere autonomi, consapevoli e liberi di poter esprimere pienamente se stessi, le proprie emozioni e i propri stati d’animo, anche quelli più complessi e profondi.
La costruzione di un clima umano positivo, inoltre, tenendo conto di tutte le emozioni che appartengono alla persona, è un elemento fondamentale per incoraggiare le acquisizioni e, quindi, la formazione, per garantire in classe un buon equilibrio psicologico e un’identità positiva a favore di ciascun componente. Tutto ciò indurrà a promuovere l’attivazione di processi cognitivi e metacognitivi che condurranno “per mano” alunni verso un apprendimento autentico, nel senso pieno del termine.