Binomio inscindibile per una scuola di successo
La valutazione-autovalutazione è allo stesso tempo epilogo finale e impostazione iniziale del processo formativo che fonda quel paradigma pedagogico che riporta in primo piano l’alunno quale attore-protagonista della Scuola. Possiamo parlare di valutazione-autovalutazione dunque, solo e soltanto se, l’insegnante è fautore (come colui che fa) della cosiddetta “didattica innovativa”.
E se la parola-spauracchio “interrogazione” è messa all’indice già da tempo, la verifica (quale raccolta dati) è limitativa e comunque insufficiente a quell’humus formativo di un intero impianto pedagogico-didattico-metodologico che ha a cuore il “processo” che accompagna la persona nelle sue fasi di miglioramento e che, per realizzare ciò, chiama in campo tutti quegli “attrezzi”, strumenti, e metodi necessari come, ad es. le attività di cooperative learning, i compiti autentici e di realtà, i diari di bordo e le rubriche (di valutazione e autovalutazione) nonché quel mondo digitale (PNSD) con i suoi vari tools, strategie etc. etc.
Resta chiaro che tutto ciò è funzionale alla crescita autentica del singolo alunno-persona (e non classe anonima) con un suo proprio “dna” che lo rende unico e originale, con una sua intelligenza, sensibilità, capacità, creatività e affettività (espressione che si concretizza nei “piani” personalizzati e/o nell’analisi degli strumenti di autovalutazione) nonché la complessità di un proprio vissuto.
La recente L.107/2015 con il relativo decreto attuativo - D.Lgs. 62-2017 – in modo chiaro spiega come la valutazione “ha per oggetto il processo formativo e i risultati di apprendimento degli alunni, ha finalità formativa ed educativa e concorre al miglioramento degli apprendimenti e al successo formativo degli stessi, documenta lo sviluppo dell’identità personale e promuove la autovalutazione di ciascuno in relazione alle acquisizione di conoscenze, abilità e competenze”.
Presa di petto la questione richiamiamo quei cardini-chiave che rinviano alla vautazione-autovalutazione:
La comunità scolastica ha un chiaro obiettivo: il successo formativo di ogni singola/o alunna/o, secondo la propria originalità e unicità.
Il nuovo modello educativo-formativo (nuovo si fa per dire -relativo a una “prassi” della scuola italiana consolidata negli anni) ha riportato e ridato all’alunna/o il ruolo di protagonista nella costruzione della propria formazione, e soprattutto la “consapevolezza” di tutto ciò (almeno si spera).
Si è passati dunque da un insegnamento incentrato sul protagonismo del docente –si pensi alla lezione frontale e all’alunno-soggetto passivo quale “contenitore” da “riempire”, all’apprendimento che vede l’alunno-soggetto attivo con un ruolo da protagonista del proprio processo formativo. L’insegnante diventa, come ci ricorda Rogers, il facilitatore, colui che “supporta” l’alunno (Lévinas), secondo un’impostazione di “ricerca-condivisione” aperta al pensiero critico –Dewey.
Forse è il caso di ammettere, in tutta onestà, che c’è ancora tanta strada da fare, per essere competitivi con altri Paesi, sarà per questo che sono stati avviati negli ultimi anni piani di formazione a tappeto per tutti i docenti rispondendo all’appello della Comunità europea sulla necessità di una lifelong learning per una qualità della vita orientata al benessere della persona e della società.
Maria De Carlo, è nata e vive a Potenza. Attualmente insegna Filosofia e Storia ed è presidente dell'associazione di pratiche filosofiche "Conduco un dialogo" ( pagina FB).