L’emergenza prodotta dallo Covid 19 si è rivelato un vero e proprio TSUNAMI. Al principio ha sollecitato il mondo dell’istruzione a mettere in campo forme di innovazione metodologica, didattica ed educative in tempi brevi e di “corsa” con tutte le leve potenti di cambiamento e i limiti stringenti di una situazione inattesa che ha sconvolto il nostro vivere quotidiano con eventi straordinari.
Dopo quasi un anno di pandemia sembra giunto il momento di interrogarsi e riflettere sulle pratiche sviluppate e trarre qualche conclusione con maggiore consapevolezza. La crisi determinata dalla pandemia ci ha consegnato una scuola poco credibile data dalle scelte inopportune e impulsive del legislatore, poco attento ai veri problemi della scuola.
I frutti a livello di credibilità nazionale, di profondità di rapporti, di qualità dell’istruzione e dell’educazione devono pulsare all’interno di una cornice metodologica unitaria che ne faciliti l’acquisizione da includere in tutto l’impianto formativo. La pandemia ha fatto emergere i veri problemi della scuola italiana, dilaniata da una politica cieca di fronte ai veri problemi della scuola e che da più di un ventennio non investe nel capitale umano.
La scuola italiana investita dall’era delle ITC, con la pandemia ha dovuto scommettere su un nuovo modo di fare scuola a Ri-considerare, sotto una luce nuova, saperi, conoscenze e pratiche procedurali da tempo messi a disposizione dalla ricerca educativa. Tutto ciò alfine di organizzare al meglio e con successo le attività di insegnamento utili a promuovere esperienze di apprendimento significativo ad ogni livello di istruzione.
Ciò può costituire il punto di partenza di un nuovo modo di fare scuola e di educare dandone una rilettura informata e accorta degli assetti didattici di fondo su cui poggia il sistema scolastico del paese. La rivoluzione tecnologica ha cambiato irrevocabilmente la nostra vita sotto ogni aspetto. Basta chiedersi quali e quanti sono i lavori che noi oggi facciamo senza ricorrere alle tecnologie e ai social che stanno devastando la crescita della new generation.
L'uso massiccio dei computer, la sempre maggiore diffusione della rete e lo smodato uso dei social network hanno cambiato sia il nostro modo d’apprendere che le modalità d’accesso alla conoscenza ormai affidata ad un “click”. L'umanità è entrata in un massiccio processo di apprendimento innovativo che, senza alcuna sorpresa, sta collocando i sistemi educativi non più al centro del nuovo progetto formativo ma lo relega alla “periferia culturale”. Saperi conoscenze e procedure troppo spesso ignorate nei percorsi di prima formazione e di sviluppo professionale dei docenti.
Bisogna riflettere con freddezza, in questo momento storico di pur giustificate esaltazioni emotive e distorte attribuzioni causali, che la crisi educativa prodotta nel paese dal lockdown pandemico si è innestata su un contesto strutturale e organizzativo scolastico, non certo eccellente, sul piano della produttività culturale e della efficacia formativa tanto dal punto di vista qualitativo che quantitativo.
La scuola assorbita dalla straordinaria crisi che stiamo vivendo, dovrebbe trasformarsi in una occasione propizia per una Ri-nascenza dei modelli organizzativi e dei processi formativi formali. La struttura dei contenuti curriculari, i tempi e gli spazi dell’insegnamento e dell’apprendimento ha cercato di adeguare la sua offerta formativa alle nuove esigenze della società e dei bisogni formativi dell’utenza. Proprio in un contesto reale e virtuale bisogna Ri-organizzare le più significative esperienze di apprendimento. Se da una parte lo Tsunami Covid19 ha Ri-valutato la formazione a distanza, attraverso il tentativo di molti docenti di ridurre l’effetto negativo della chiusura della scuola sullo sviluppo delle conoscenze e competenze degli allievi, dall’altro molti hanno dovuto fronteggiare questa eccezionalità senza una adeguata preparazione all’uso delle nuove tecnologie più avanzate e senza poterne usufruire in modo accettabile.
Con la seconda ondata dell’emergenza COVID-19 si è ritornato a parlare di DAD (Didattica a Distanza), così come avvenuto nel primo lockdown, dove la didattica a distanza è stata avviata non senza difficoltà. E’ innegabile che abbia fatto emergere disuguaglianze e isolamento didattico mettendo, di fatto, a repentaglio il diritto allo studio e l’accesso ad un’istruzione di qualità.
Quando è stato chiesto ai ragazzi sul futuro della DAD la risposta, più di speranza che di logica, tendeva al ripristino della normalità proprio per le difficoltà connesse alla DAD, solo in pochi hanno ritenuto che la DAD potrebbe avere utilità.
Appare evidente che i ragazzi hanno vissuto e stanno vivendo la terza ondata dell’emergenza Covid 19 andando alla scoperta di nuove attività in casa e hanno cambiato radicalmente le loro abitudini anche attraverso una maggiore richiesta di informazione attraverso la TV o alla ricerca di notizie sanitarie mediante siti online.
I canali tradizionali hanno prevalso sui social network pur, questi ultimi, rimanendo i più utilizzati per mantenersi in contatto. Nonostante, infatti, il fiorire di nuovi software per organizzare videochiamate, Whatsapp e Instagram restano i preferiti. Per non parlare dell’APP di TIK TOK che dal 2019 si è diffusa a macchia d’olio ed è divenuta, per via dell’uso spasmodico da parte di preadolescenti e adolescenti, un tormentone non educativo ma diseducativo, addirittura, portando alla morte come è successo alla bambina di 10 anni di Palermo. Non possono accadere fatti così gravi e sconcertanti e ci si chiede: dove è la società civile? dove sono i genitori? E’ ora di svegliarsi e vigilare sull’educazione e crescita dei propri figli, i quali non possono essere lasciati nelle mani delle APP. Riflettiamo sul valore educativo del ruolo della famiglia. Sono i primi che devono salvaguardare la cura e la crescita sana dei figli. Invece di acquistare e regalare un cellulare o un IPAD educhiamoli e alimentiamo in loro lo sviluppo integrale della loro persona attraverso la lettura; ”INONdiamoli” sin dalla prima infanzia di libri, non permettiamo la loro estinzione!
Tutto ciò si potrà realizzare attraverso una rivoluzione educativa genitoriale affiancata e sostenuta dalle istituzioni tra le quali la Scuola, che attraverso un’azione didattica e formativa deve mirare e mettere in atto tutte le strategie per la co-costruzione di un alunno-persona che sappia discernere e capire ciò che è male e ciò che è bene.
La scuola dal suo canto, in questo momento storico, è chiamata a realizzare una azione didattica anche a distanza se da un canto è divenuta una necessità, perché diversamente verrebbe meno la ragione sociale della scuola stessa, dall’altro è indispensabile che si proceda ad attività di valutazione costante improntata ai principi di tempestività e trasparenza che, ai sensi della normativa vigente, ma più ancora del buon senso didattico, debbano essere i cardini di qualsiasi attività di informazione e valutazione […] Se l’alunno non è subito informato che ha sbagliato, su cosa ha sbagliato e perché ha sbagliato, la valutazione si trasforma in un rito sanzionatorio, che nulla ha a che fare con la didattica, qualsiasi sia la forma nella quale è esercitata
È scientificamente dimostrato che l’apprendimento ha bisogno di “sedimentare” per diventare “significativo” (Ausubel, 1978) e che l'(auto)riflessione richiede del tempo per attivarsi (Schön, Jung). C’è bisogno di una “slow pedagogy” (Payne & Wattchow, 2008) in cui il tempo deve essere necessario, giusto, rallentato (Rivoltella, 2012).
Un apprendimento significativo si realizza solo se l’allievo riesce a mettere in relazione le nuove conoscenze con i sistemi di Pre-conoscenze già possedute.
Ben si comprende come diventi fondamentale che le nuove informazioni in arrivo si intreccino con una preesistente impalcatura conoscitivo/cognitiva interna di ogni singolo soggetto. Quando si presentano nuove conoscenze, se non si aiuta consapevolmente l’allievo” a “fare i conti” (stabilire consapevoli relazioni e nessi) con ciò che già si possiede, esse non troveranno i giusti punti di appoggio e pertanto non diventeranno conoscenze interiorizzate e significative. Ausubel afferma (Ibidem): “Se dovessimo condensare in un unico principio la psicologia dell’educazione direi che il singolo fattore più importante che influenza l’apprendimento sono le conoscenze che lo studente già possiede. Accertatele e comportatevi in conformità nel vostro insegnamento”.
L’auspicio,consiste in una vera rivoluzione educativa per far in modo che le leve costruttrici della Scuola abbraccino tutto il “sistema istruzione”. Appare evidente che questo sarà possibile solo quando la scuola e l’extrascuola parleranno lo stesso linguaggio e si confronteranno sugli stessi livelli di conoscenze e finalità e sarà precipuo compito della Scuole concorrere al miglioramento senza sperperare tempo e risorse in approcci improvvisati. L’obiettivo dovrà basarsi su cosa investire e come investire, mediante il criterio dell’evidence-based, evitando di virare da un anno all’altro su contenuti diversi, all’insegna del “che cosa di nuovo potremmo fare quest’anno” (per poi constatare che le pratiche in realtà non cambiano, né tanto meno i loro effetti).
La vera mission del cambiamento attivo sarà: dare una nuova identità alla scuola.
Sarà importante formare adeguatamente il materiale umano che deve sempre essere pronto all’emergenza perché la pandemia ci ha insegnato che nulla d’improvviso potrebbe essere lo stesso. Solo attraverso la consapevolezza dei suoi attori, a partire dai dirigenti che sono i motori di una scuola, la Scuola potrà essere pronta alle incertezze del giorno dopo con tutte le figure pronte e capaci di saper trovare subito le soluzioni più adeguate.
Oggi tutte le scuole sono dirette verso questo orizzonte di senso? Penso proprio di no!
La scuola italiana della pandemia ha fatto emergere anche l’incapacità di molti dirigenti i quali, con scelte inadeguate, non sono riusciti a far salpare la scuola del ventesimo secolo ma, anzi, dirigerla verso un pericoloso individualismo che come inevitabile conseguenza non attenziona i veri bisogni formativi ed educativi dell’ utenza e del corpo docenti.
Nella scuola della DDI, DAD, PAI, PEI, PTOF, RAV, PDM dove l’anima di ognuno di questi documenti è “ L’ essere umano” la sua crescita, la sua formazione, la sua evoluzione e costruzione di futuro cittadino del mondo si è perso di vista il vero oggetto sociale “Didattica, Cultura Istruzione”. Tutto questo si potrà realizzare attraverso l’idea della Responsabilità condivisa ma presuppone il superamento dei limiti dell’individualismo e la valorizzazione dei legami di solidarietà e partecipazione tra le persone e le istituzioni, sia nell’ azione sia negli obiettivi: dunque, la Scuola riconosce la responsabilità della famiglia nella formazione degli alunni e i genitori affidano, in un rapporto di non sempre equilibrata considerazione- i figli alla scuola alla quale chiedono di esercitare un’azione educativa “competente”.
In realtà, per la scuola la corresponsabilità educativa rappresenta anche un criterio educativo dell’intera comunità scolastica perché specifica i rapporti scuola-famiglia, considerando, da un lato, i genitori quali soggetti attenti, partecipi e consapevoli del progetto educativo e del percorso di apprendimento dei figli e, dall’altro, se stessa quale soggetto attivamente compartecipe nello sviluppo degli alunni.
Oggi è tempo di remare tutti nella stessa direzione per ripartire nel miglior modo possibile avendo presente il pesante impatto che ha avuto questo “Tsunami” sugli studenti colpiti direttamente. Ci si domanda cosa hanno perso? Cosa hanno smarrito?
L’ONU ha parlato di catastrofe Generazionale, a mio avviso il Covid l’ha solo enfatizzata ma esisteva già!!! Penso che la strada di una Pedagogia partecipata potrà far riemergere il vero valore della Scuola, privilegiando riconosciuti modelli altamente educativi quali: L’Universal Design for Learning (“Progettazione Universale per l’Apprendimento”) che si propone di orientare l’allestimento di ambienti flessibili che possano soddisfare le differenze individuali e andare incontro ad ogni tipologia di bisogno. L’UDL sostiene che la progettazione debba essere multimodale (Rose & Meyer, 2002) e si propone di fornire a tutti le medesime opportunità di apprendimento, alternative di approccio, percezione, comprensione, elaborazione ed espressione della conoscenza. Le parole chiave che la caratterizzano sono: accessibilità, personalizzazione, rispetto della diversità e progettazione curricolare universale.
In termini di “inclusione come ricerca dell’eguaglianza formativa”, la ricerca didattica continua a produrre contributi importanti, anche in termini di descrizione critica di alcuni strumenti operativi necessari a praticarla.
Trarre insegnamento da questo momento consapevoli che il fattore umano ha sempre fatto e farà la differenza. Di fronte all’ attuale contingenza pandemica auspichiamo l’affermarsi di dirigenti, docenti e formatori in grado di trarre il bene e il meglio da questa, come da tante altre crisi che verranno.
Come afferma M. Dutto “ gli insegnanti lavorano su pezzi unici. Sono come gli artigiani di rango che con le loro mani forgiano e plasmano oggetti curati uno a uno fuori dalla logica di produzioni industriali; con la differenza, di peso, che rispetto agli artigiani, gli insegnanti non possono permettersi scarti. Chi lavora nella scuola e nelle classi è come se dovesse ogni giorno produrre un capolavoro”.
Mi fa piacere, infine, riportare ancora una citazione, di Gramellini che, in qualche modo, è diventata in questi lunghi mesi il faro che indica la strada a una comunità operosa e certa, come tante altre della nostra bella scuola: “Qualcuno dirà che la scuola serve solo se riesce a trovarti un lavoro. Non credergli. La scuola serve se riesce a fornirti gli strumenti per gestire un sentimento, smascherare un ciarlatano e ammirare un tramonto non solo una vetrina”.
Rosanna Gangi, docente, Ha lavorato presso gli Enti Locali, Lavora presso il MIUR dal 1993. Laurea In Scienze della Comunicazione presso l’Università di Messina, Laurea Specialistica in scienze pedagogiche presso l’Università Tor Vergata di Roma, Master in Legislazione scolastica e management della negoziazione, docente specializzata per alunni disabili, specializzazione biennale per soggetti con disturbidell’apprendimento. Docente tutoe coordinatore presso Università di Enna. Ha conseguito diversi Master di I e II livello tra cui “ La Dirigenza scolastica nella scuola dell’autonomia”. Ha operato dal 1996 all’interno delle Istituzioni scolastiche come responsabile di progetti sulla conoscenza del territorio. Con diverse pubblicazioni scolastiche e multimediali. Esperta esterna MIUR PON FSE . Formatore MIUR nel Piano Formazione Docenti. Ha svolto diversi incarichi con gli enti pubblici tra cui Esperto esterno Nucleo di Valutazione. Elaborazione e coordinamento del progetto “Vivere Priolo” dal 2003 al 2007. Ha svolto diverse Funzioni strumentali dal Coordinamento del PTOF alla Valutazione , sostegno agli alunni, Fondi strutturali Europei e Indire e Invalsi. Referente di Plesso.Insegna al II Istituto Comprensivo “A. Manzoni ” di Priolo Gargallo dal 1998.Ha curato e scritto la pubblicazione “Priolo tra bellezza e cultura” anno 2012.