Obiettivo 5 per rinnovare (ancora una volta e una volta ancora) l’autodeterminazione della donna

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Nel 2000 sono stati adottati gli Obiettivi di sviluppo del millennio (OSM) per il 2015, e sulla base di questi obiettivi poi, nello stesso anno (2015) 193 Paesi membri dell’ONU hanno sottoscritto l’Agenda 2030 per lo Sviluppo sostenibile. Dei 17, il quinto obiettivo è dedicato alla “Parità di genere”. 

Il titolo del presente articolo (autodeterminazione) si rifà alla traduzione della Confederazione svizzera

(https://www.eda.admin.ch/agenda2030/it/home/agenda-2030/die-17-ziele-fuer-eine-nachhaltige-entwicklung/ziel-5-geschlechtergleichstellung-erreichen-und-alle-frauen.html) che nel presentare l’obiettivo scrive: “Le disparità di genere costituiscono uno dei maggiori ostacoli allo sviluppo (…) L’obiettivo 5 mira a ottenere la parità di opportunità tra donne e uomini nello sviluppo economico, l’eliminazione di tutte le forme di violenza nei confronti di donne e ragazze (…) e l’uguaglianza di diritti a tutti i livelli di partecipazione”.

Non mi soffermerò sul concetto di “autodeterminazione” che tradotto con un linguaggio accessibile ai più, è la libertà di scelta esercitata da ogni individuo, come chiarisce la filosofa Marta Nussbaum. 

Il presente articolo vuole offrire al lettore domande, riferimenti e provocazioni, suggerite da testimonianze che tentano di spezzare le catene della disuguaglianza. 

Partiamo dalle domande. Come mai in questo millennio abbiamo ancora la necessità di dover inserire “negli obiettivi” il diritto e il riconoscimento dell’altro (nello specifico la donna) come persona? Perché considerare (forse è meglio dire trattare) le donne, l’ala debole della società? Chi le rende tali e perché? Ma queste “regalie” –scelte invocate che non diventano mai sistema-, altrimenti detti riconoscimenti più o meno formali e che si rinnovano e poi decadono, a quale struttura culturale appartengono? 

Le azioni di sensibilizzazione e occasioni per riflettere sul tema nel mondo della scuola sono numerose. Ai docenti viene chiesto, in sintesi, di avere un approccio sensibile alle differenze, come ad es. valorizzare la presenza delle donne nei grandi processi storici e sociali, il loro contributo al progresso delle scienze e delle arti…e non manca materiale a riguardo.

Interessante il portale dedicato a cura del Miur: https://www.noisiamopari.it/site/it/home-page/, come pure le Linee guida che il Miur ha indirizzato alle Istituzioni scolastiche per l’attuazione del comma 16 dell’art. 1 della L. 107/2015: Educare al rispetto: per la parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le forme di discriminazione

https://www.miur.gov.it/documents/20182/0/Linee+guida+Comma16+finale.pdf/ 

Altra attenzione del Miur è alla violenza di genere nell’epoca dei social:  https://www.generazioniconnesse.it/site/it/2020/06/03/violenza-online-forme-caratteristiche-incidenza-e-strumenti-di-prevenzione-/ 

Inoltre ricco di riferimenti è il link di Indire: https://www.indire.it/progetto/gender-school/la-normativa/ 

Spunti vengono anche dalle Linee guida per l’uso del genere nel linguaggio amministrativo del Miur:

https://www.miur.gov.it/documents/20182/0/Linee_Guida_+per_l_uso_del_genere_nel_linguaggio_amministrativo_del_MIUR_2018.pdf/3c8dfbef-4dfd-475a-8a29-5adc0d7376d8?version=1.0&t=1520428640228 

Dunque, se abbiamo bisogno di parlare e “rivendicare” i diritti della donna vuol dire che resiste ancora “il primo animale domestico dell’uomo”, come ebbe a dire ironicamente la socialista Anna Kuliscioff. 

Noi occidentali abbiamo un debito nei confronti dell’Illuminismo e della Rivoluzione francese. Proprio dagli ideali di libertà, eguaglianza e fraternità ha preso avvio quella presa di coscienza dell’essere persone con pari dignità. Nella “Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina” Olympe de Gouges (1748-1793) parafrasando in modo critico la Dichiarazione dell’uomo e del cittadino evidenzia come la Rivoluzione avesse dimenticato le donne e i suoi diritti, pur proclamandone i principi. Olympe scrive: “La donna nasce libera e ha uguali diritti all'uomo”, riscrivendo così la Dichiarazione al femminile.  Aveva affermato che in quanto donna e per le sue opinioni se poteva esercitare “il diritto di salire al patibolo” allora doveva avere anche quello di “salire alla tribuna”. Ovviamente questa sua libertà le fece perdere la testa, e non in senso metaforico perché fu ghigliottinata nel 1793.

Di “Rivendicazione dei diritti della donna” scriverà l’illuminista britannica Mary Wollstonecraft (1759-1797). 

E tra le tante figure cito Elisabeth Cady Stanton e la Convenzione di Seneca Falls con il riconoscimento dei diritti civili e sociali femminili.

Virginia Woolf con l’uccisione dell’angelo del focolare. Simone de Beauvoir, libertà e scelta, quale atto umano per eccellenza per progettare la propria esistenza. Luce Irigaray e il  pensiero della differenza sessuale fino ad arrivare ai nostri giorni con Adriana Cavarero e il rifiuto di un linguaggio monistico maschile; con Luisa Muraro e l’importanza di creare nuove modalità di convivenza civile dove uomini e donne vivono in relazione favorendo scambi fondati sull’apertura all’altro e sul valore della differenza.

Cosa dire? Rinnoviamo, ancora una volta e una volta ancora, l’autodeterminazione della donna, nel nome di quelle tantissime che hanno fatto della loro vita una bandiera vivente di libertà.

Maria De Carlo, è nata e vive a Potenza. Insegna nella scuola secondaria di II grado. E’ dottora in Filosofia ed in Magistero in Scienze Religiose. Negli anni ha maturato numerose esperienze e incarichi scolastici anche a livello regionale, compresa la formazione ai docenti. Ha pubblicato alcuni saggi ed è presidente dell’associazione di pratiche filosofiche “Conduco un dialogo” (pag. FB e per ulteriori info https://mariadecarlo9.webnode.it/contatti/)

 

 

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