LA SFIDA DI UNA SCUOLA INTERNAZIONALE  (E DELLO IUS SOLI?) PER DIVENIRE CITTADINI DEL MONDO

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Multiculturalità, inclusione e accoglienza. Sono i tre pilastri della sfida educativa proposta dal MIUR attraverso i nuovi “Orientamenti Interculturali. Idee e proposte per l’integrazione di alunne e alunni provenienti da contesti migratori” (marzo 2022), elaborato dall’Osservatorio nazionale per l’integrazione degli alunni stranieri e per l’educazione interculturale, organismo con compiti propositivi e di consultazione, del Ministero dell’istruzione, “in cui sono declinate possibili modalità organizzative delle scuole – come si legge nell’incipit - e al contempo fornite indicazioni operative, in considerazione dei cambiamenti avvenuti nel paesaggio multiculturale della scuola italiana negli ultimi dieci anni”. 

E’ interessante constatare come nel documento si evidenzia l’importanza di un passaggio culturale a partire dal linguaggio utilizzato negli ambienti accademici ed europei “alunni con background migratorio” anche se non di facile diffusione, e si sottolinea come sia inappropriato parlare ancora oggi di “alunni stranieri  o alunni con cittadinanza non italiana”.

Passaggi questi che potrebbero favorire un ulteriore dibattito –ancora non risolto in Italia- sullo ius soli. Ed è questa provocazione che vogliamo accogliere tra le righe per riflettere e dialogare sui possibili percorsi attuativi di una nuova storia umana da costruire. Se abbiamo maturato la consapevolezza del nostro essere cittadini del mondo, dovremmo anche essere convinti, come concreta svolta di questa presa di coscienza, che nascere in un determinato territorio comporta l’essere soggetti a quel tipo di giurisdizione (ius soli). Pensiamo, ad es. al XIV emendamento della costituzione statunitense, che applica lo ius soli in modo automatico.

Non si realizza in questo modo una accoglienza e inclusione “naturale” della persona, in un clima e in un contesto  naturalmente multiculturale?!

Sembra comunque che a battere nuovi sentieri innovativi sia ancora la scuola dal basso, se si pensa a insegnanti e dirigenti scolastici che in “mondo autonomo” (come si legge nel documento a pag. 15) hanno scelto per i loro istituti “fortemente connotati da multiculturalità e multilinguismo, la denominazione di scuole internazionali”.

Ma il linguaggio deve poi sposarsi con un nuovo modello educativo-didattico. Reimpostare l’attività (e a beneficiarne sono tutti gli alunni) e la formazione del giovane uomo/donnna-cittadino/a. Ripensare e reimpostare, ad es., le attività in modo interdisciplinare a partire dall’organizzazione e dall’orario delle attività, dagli spazi nonché da un “plurilinguismo” esperito realmente. Ma mi fermo qui. Solo un accenno, nella speranza che si crei un Osservatorio delle buone pratiche che favorisca anche sperimentazioni da divulgare.

Ma il documento e le indicazioni ministeriali che “spingono” a formare cittadini cosmopoliti in un’ottica di grande libertà ed apertura, non è una novità. E’ da diversi anni che la Scuola italiana promuove e offre indicazioni per una nuova cultura (La via italiana per la scuola interculturale, 2007; Linee guida per l’’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri, 2006 e 2014; Diversi da chi?, 2015), ma in questo momento storico -sofferente a causa della fuga dall’Ucraina di famiglie nonché di bambine e bambini che arrivano nel nostro Paese, il documento appare sotto una luce nuova. 

A ragione il Ministro Bianchi afferma: “Essere cittadini deve voler dire saper rispettare e valorizzare la diversità, essere solidali, vedere nello scambio e nell’interazione una fonte di arricchimento. Possiamo potenziare il lavoro delle nostre comunità scolastiche in tal senso grazie all’Educazione civica. Ma dobbiamo impegnarci anche a collaborare sempre più con i territori, le associazioni, le famiglie, tutti i soggetti coinvolti, per far sì che ogni bambino e ragazzo che arriva nel nostro Paese possa trovare tra i banchi una formazione qualificata, un orientamento al futuro, una rete di relazioni”.

L’auspicio dunque è quello di lavorare in sinergia con tutte le agenzie educative, con le istituzioni e con scelte giuridiche che ratificano di fatto i cambiamenti di una comunità. Solo così faremo maturare e radicare quel senso di appartenenza alla propria realtà dove si vive che favorisce, come conseguenza, la cittadinanza attiva, con la piena consapevolezza di essere accolti e voluti e dunque si creerebbe quel terreno fertile per favorire poi ogni educazione ed ogni sensibilità, come auspicate nel documento… ma i processi culturali (e le idee da accogliere) si sa, hanno i loro tempi!!!

Maria De Carlo, è nata e vive a Potenza. Insegna nella scuola secondaria di II grado. E’ dottora in Filosofia ed in Magistero in Scienze Religiose. Negli anni ha maturato numerose esperienze e incarichi scolastici anche a livello regionale, compresa la formazione ai docenti. Ha pubblicato alcuni saggi ed è presidente dell’associazione di pratiche filosofiche “Conduco un dialogo” (pag. FB e per ulteriori info https://mariadecarlo9.webnode.it/contatti/)

 

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