Viviamo nella “società del cambiamento” dove tutto cambia in costante accelerazione, ma tutti questi cambiamenti a un ritmo sempre più accelerato aumentano la complessità e diminuiscono la stabilità dell’ambiente che abitiamo.
Una tale condizione di vita genera, soprattutto nei giovani, percezioni di imprevedibilità e insicurezza sul futuro. Ciò è stato aggravato dalla crisi dovuta al lockdown per la pandemia e dall’attuale condizione di guerra tra Russia e Ucraina, che rischia di coinvolgere tutti i Paesi. Se “non sprecare una crisi” è diventato un luogo comune universale di ogni momento di difficoltà, allora “trasformare i costi del rilancio in investimenti per il futuro”, è per gli italiani un dovere prima di tutto nei confronti delle giovani generazioni, soprattutto in momenti di difficoltà come l’attuale. La pandemia ha solo messo in luce gli aspetti negativi del nostro Paese: bassa crescita, alto debito, inefficienza della Pubblica Amministrazione, evasione fiscale, disuguaglianze sociali e di genere; ma anche gli aspetti positivi: la creatività, il dinamismo e il made in Italy. Tutti elementi preesistenti alla pandemia che li ha solo evidenziati.
Pertanto, quello che già era un obiettivo da perseguire nella fase di ripresa dopo il lockdown, diventa ancor più valido oggi, cioè potenziare le infrastrutture economiche e sociali del Paese, e investire le risorse disponibili, oltre che nelle misure di sostegno immediato alle persone in difficoltà, per fare in modo che l’Italia sia più resiliente a futuri shock di sistema, più reattiva e competitiva rispetto alle trasformazioni industriali e tecnologiche in corso, più equa e accogliente nei confronti di tutti.
Una commissione, presieduta dal ministro Colao, nel giugno 2020 ha elaborato dunque un piano per il rilancio dell’Italia, dopo in lockdown, in materia economica sociale, 2020-2022, che è valido oggi, ancora di più. In questo piano non poteva mancare un capitolo “Istruzione, Ricerca e Competenze, fattori chiave per lo sviluppo”, purtroppo messa al quino poso, su sei…
In questo settore, il primo ambito di raccomandazioni riguarda la modernizzazione dei sistemi di istruzione e di ricerca, finalizzata all’adeguamento agli standard europei e internazionali e, più in generale, al miglioramento dell’efficienza; la seconda area di interventi riguarda il miglioramento delle capacità di inclusione dei sistemi di istruzione, al fine di aumentarne l’equità e di contrastare le disuguaglianze di classe, di genere, etniche e territoriali; il terzo gruppo di proposte aveva come obiettivo il superamento del gap fra l’offerta di competenze prodotte dal sistema formativo e la domanda; la quarta e ultima area di intervento riguardava il rafforzamento delle attività di ricerca e innovazione.
Un elevato livello di istruzione e di competenze è alla base della competitività e del benessere di ogni paese, oltre che alla qualità della sua democrazia, anche in vista della pace nel mondo. Le crisi internazionali rischiano di peggiorare la situazione; per questo la Commissione, già nel giugno 2020, formulava proposte per rilanciare e modernizzare il sistema di istruzione e di ricerca e la sua governance, per recuperare lo squilibrio tra domanda e offerta di competenze, e per ridurre la disoccupazione.
In particolare, per l’istruzione venivano elaborate “dieci schede”, in vista di rinnovare il patrimonio edilizio, offrire l’asilo nido e il tempo pieno a tutti i genitori che lo chiedono, rinnovare l’istruzione tecnico-superiore, rendere la scuola veramente inclusiva, rinnovare i curricoli, e, come conclusione, “Allora cosa metteremo nello zainetto dello studente?”
Non si tratta di metterci i libri, i quaderni, le penne o la merendina, ma di fare tesoro di tutto quanto la scuola può offrire: la pluralità dei linguaggi (verbali, iconici, creativi, tecnologici, ecc.), che vanno appresi nelle loro grammatiche e sperimentati nella loro operatività tramite i laboratori, i gruppi di lavoro, il cooperative learning, le soluzioni organizzative, che possono essere anche molto diverse nei luoghi e nei contesti differenti, la dimensione tempo (un tempo per vivere, un tempo per giocare, un tempo per studiar, un tempo per l’extrascuola), che rappresenta una variabile decisiva per l’apprendimento, un arricchimento dell’offerta formativa, una proposta “forte” e “visibile” di esperienze formative per i ragazzi italiani.
Ad esempio, veniva proposto un corso di educazione musicale (uno strumento in regalo ad ogni allievo che entra in prima elementare); un corso pre-sportivo per ogni allievo (in collaborazione con società e federazioni); un utilizzo attivo del digitale (un tablet o note book, ad ogni allievo che entra in prima media); una certificazione di lingua ed un viaggio all’estero (nel corso del ciclo superiore); uno stage lungo presso una azienda, un servizio, un centro di ricerca (a 18 anni). Non a caso, la povertà educativa, consiste anche nel non avere interessi musicali, nel non praticare uno sport, nel non viaggiare, entrando in diretto contatto con l’altro.
Certamente, si tratta di un programma ambizioso, di un ideale quasi irrealizzabile, a cui tendevano tutte le riforme della scuola, tanto più che si riteneva possibile chiedere una compartecipazione di famiglie, enti locali e privati, perché i costi non sarebbero indifferenti.
D’altra pare, è intuitivo pensare che la creatività è frutto della nostra cultura e della nostra scuola che ne è stata sempre custode e divulgatrice. La scuola, inoltre, è stata la prima ad attuare un’integrazione veramente ampia fino a comprendere ogni disabilità.
Perciò costruire la ripresa sull’istruzione è giusto, soprattutto se pensiamo al ricchissimo patrimonio culturale e ambientale che ci circonda da ogni parte.
Bonaccini Silvia, classe 1972, laureata in Scienze della Formazione Primaria e Dirigente e Coordinatore dei servizi socio- educativi e scolastici, in servizio presso l'Istituto Comprensivo Venturino Venturi di Loro Ciuffenna (Ar), come docente di Scuola Primaria, ha svolto numerosi corsi di aggiornamento e laboratori propedeutici a diverse attività del settore scolastico. Nella sua carriera scolastica ha svolto il ruolo di capo sede, funzione strumentale della valutazione per molti anni, redatto il PON che ha fatto risultare vincitore il suo Istituto ed è tutt'ora membro del Comitato di Valutazione.