Merito e meritocrazia nella scuola
Le società contemporanee si stanno orientando sempre di più verso un’organizzazione di tipo meritocratico; questo significa che la posizione sociale di ognuno sarebbe determinata sempre più dal suo “merito, inteso come diritto alla stima, alla riconoscenza, alla giusta ricompensa acquisito in virtù delle proprie capacità, impegno, opere, prestazioni, qualità, valore.
Sono numerosi i sociologi che hanno insistito sulla dimensione positiva di una società organizzata in modo meritocratico, sottolineando il fatto che, se gli individui occupano una posizione in base alla loro competenza, la società appare più efficace, perché ognuno occupa una posizione appropriata dal punto di vista della divisione del lavoro.
Tuttavia, la meritorietà non è solo alla base di una società organizzata in base al merito: è anche un sistema normativo, un ideale di società; infatti, un’organizzazione simile appare più giusta, perché ogni posizione è guadagnata in modo legittimo, anziché ereditata, perché il merito è visto come un criterio legittimo di differenziazione sociale, fa riferimento a una qualità propria dell’individuo e alla sua libertà di sfruttarla, indipendentemente dall’origine sociale o da altre caratteristiche ereditarie, quali il sesso o l’origine etnica.
In contesto scolastico, punto base essenziale è la valutazione, degli alunni, dei docenti e dell’istituzione stessa, anche se sono diversi i concetti di merito e meritocrazia nell’istruzione.
Secondo alcuni, una scuola meritocratica è scuola selettiva, che crea disuguaglianze, che punta solo all’eccellenza, in altre parole una scuola non inclusiva, che accoglie tutti: poveri, ricchi, autoctoni, immigrati, diversamente abili, senza tener conto essere inclusivi non contrasta con la meritocrazia. D’altra parte, proteggere i più deboli e fare sì che, chi si merita di laurearsi, possa farlo, rifiutare la meritocrazia a favore di un falso egualitarismo, non premia gli svantaggiati, ma privilegia ingiustamente chi dispone di risorse per far fronte alle mancanze del sistema dell’istruzione, premia anche chi non si è minimamente impegnato durante l’anno scolastico, né è motivato a partecipare ai progetti che la scuola propone, né a rielaborare a casa e accrescere il proprio sapere anche autonomamente, impegnandosi ad acquisire competenze per poi essere capaci ad affrontare compiti difficili, serve solo ad abbassare gli standard e danneggiare gli studenti che si impegnano.
Il merito degli alunni
A proposito della valutazione del “merito” degli studenti possiamo citare il sociologo inglese Michael Young che, nel 1958, ideò la formula: M= IQ + E, cioè merito = quoziente intellettivo + sforzo.
Per questo alcuni critici, associando il merito al concetto di capacità, sostengono che esso non vada applicato alla scuola, perché compito di essa è quello di rendere tutti potenzialmente meritevoli senza distinzioni; altri invece, attribuendogli il significato di impegno, affermano che compito della scuola è anche quello di misurare i risultati e selezionare i meritevoli sulla base di criteri il più possibile oggettivi. Uno studente che riesce bene nel proprio compito, dunque, ha diritto di accedere a borse di studio e sostegni per poter intraprendere percorsi di più alto livello che altrimenti gli sarebbero preclusi. Il principio “dell’uguaglianza delle opportunità”, che dovrebbe dal tempo del Rapporto Faure, cinquanta anni fa, ispirare la scuola e l’educazione, significa che davanti a diverse livelli di partenza, per censo, vantaggio o svantaggio socioculturale, contesti educativi di provenienza più o meno stimolanti, i bambini e i ragazzi devono incontrare, soprattutto alla scuola dell’obbligo, un gran numero di opportune occasioni di crescita tanto da annullare il più possibile gli svantaggi iniziali.
I docenti, infatti, nel seguire un preciso schema, o “programma”, marciano rapidi, come treni in corsa verso la meta ultima nel rispetto di tempi e contenuti. Un ritmo serrato, argomento dopo argomento, che tiene poco conto di quanto acquisito dagli alunni e molto di quanto previsto dalle indicazioni ministeriali. In questo contesto, coloro che sono per natura particolarmente brillanti, procedono senza problemi, mentre coloro che avrebbero solo bisogno di un po’di tempo in più per assimilare bene i concetti, si dividono in due gruppi: quello di chi, provenendo da famiglie con un buon livello di istruzione e buone possibilità economiche, può essere adeguatamente supportato e quello di coloro che finiscono per accumulare lacune.
Diventa perciò imprescindibile offrire all’interno delle aule scolastiche occasioni in cui tutti possano avere a disposizione percorsi individualizzati e personalizzati, acquisire competenze, comprendere profondamente ciò che viene insegnato, imparare a padroneggiare il pensiero per cogliere relazioni e nessi tra i dati anche quando sembrano sconnessi, riuscire ad interrogarsi sui grandi perché del mondo e dell’umanità, scambiare dati, informazioni, pareri, crescere insieme, appartenere al gruppo.
È meritevole non chi primeggia o si distingue, quello è bravo, bravissimo, eccellente; è meritevole chi concorre con tutte le sue energie morali e materiali al miglioramento di se stesso e della comunità in cui vive. Il merito degli alunni, quello scolastico, evoca irrimediabilmente un giudizio, una valutazione, e ancor prima un sistema di misure.
Merito dei docenti
Nell’art. 1 della Bozza di proposta di legge di “A tutto scuola” del 2021, si legge: Sono istituiti incentivi economici per i docenti della scuola pubblica i quali, oltre alla loro attività d’insegnamento effettivo, risultano impegnati nello svolgimento di compiti comunque inerenti alla loro professione.
Negli altri articoli, si afferma che, se la scuola pubblica italiana intende riacquistare quella credibilità e quell’immagine che possedeva in passato, è necessario prima di tutto riconoscere in modo sostanzioso il lavoro di chi ha dato molto di più di quanto gli sia mai stato chiesto, non solo senza ricevere alcun compenso, ma, anzi, venendo considerato spesso quasi come un marziano o, peggio, come un illuso, per il suo impegno extrascolastico in campo educativo e culturale in senso lato.
In effetti, sul versante degli insegnanti, non esiste in Italia una procedura di valutazione formale della loro attività che faccia riferimento alla qualità delle loro prestazioni individuali, salvo quanto previsto dalla legge n. 107/2015, che, tra le competenze del Dirigente Scolastico, aveva inserito anche quella di assegnare premi economici ai docenti che egli ritenesse meritevoli di tale riconoscimento sulla base di criteri generali (non vincolanti) stabiliti da un apposito comitato per la valutazione dei docenti. Norma poi contestata dai sindacati, che hanno ottenuto di poter contrattare a livello di istituto l’ammontare del valore economico minimo o massimo per il premio individuale, la differenziazione minima tra le somme distribuite, la percentuale dei beneficiari, le modalità di presentazione e valutazione delle candidature. La decisione finale compete al dirigente scolastico, ma è chiaro che a questo punto il suo potere decisionale è praticamente nullo. L'acceso dibattito ideologico dovrebbe ora evolvere in proposte concrete e originali su possibili modalità organizzative più inclusive ed efficaci. La ricerca, condotta in ambito nazionale e internazionale, conferma che la valorizzazione del merito può essere un efficace strumento di miglioramento della qualità dell’offerta formativa, a condizione che su di essa vi sia piena consapevolezza e condivisione da parte della comunità professionale, che se ne riconoscano le motivazioni e le modalità, che ne siano resi espliciti i presupposti e gli scenari, le motivazioni e gli intenti, le ragioni delle scelte. Questi aspetti dovrebbero trovare accoglienza nello sviluppo delle modalità procedurali e nelle scelte da realizzare per la selezione dei criteri. Occorre inoltre tener conto della situazione attuale, che vede le scuole attivarsi con notevole ritardo, in un clima di sostanziale incertezza e possibile tensione.
Sarebbe necessario, però, avviare processi di condivisa progettazione, affinché vi sia coerenza tra piani progettuali, linee di sviluppo dell’istituzione scolastica e riconoscimento del merito. La C.M. 1804/2016, seppure in modo piuttosto generico e lacunoso, sottolinea che occorre attivare il “coinvolgimento della comunità scolastica nel suo complesso”. Raccomanda anche di tenere in dovuta considerazione tutti i docenti della dotazione organica, di tutti i gradi di istruzione, di tutti gli indirizzi scolastici. Specifica inoltre che non vi deve essere una generica distribuzione del fondo allargata a tutti, ma neppure una destinazione ad un numero troppo esiguo di docenti
All’interno di questo percorso, scaturisce il bisogno dell’approfondimento, la necessità di cogliere il nucleo epistemologico della disciplina che si insegna, per il miglioramento della qualità della propria formazione professionale: processo autogratificante che non ha bisogno di premi.
Ministero dell'Istruzione e del Merito
A partire dal 12 novembre 2022, con l’entrata in vigore del decreto-legge 11 novembre 2022, n. 173, il ministero deputato alla scuola è denominato Ministero dell’Istruzione e del Merito (MIM). L’aggiunta del termine “Merito” al nome del ministero dell’Istruzione ha scatenato nelle ultime settimane accesi dibattiti sull’opportunità di questa modifica. Bisogna passare dalla scuola “affettuosa” alla scuola meritevole, propugnata persino nella nuova e inconsueta denominazione del ministero. L’intenzione del Governo è, dunque, favorire il merito nel campo dell’istruzione, sia dando alle scuole infrastrutture e dotazioni di qualità, sia valorizzando gli operatori scolastici, dai docenti a tutto il personale che lavora nella scuola, in modo che le scuole italiane tornino ad essere un mezzo sociale per formare veramente cittadini, in grado di riconoscerne e premiarne i meriti, e di sviluppare un percorso di crescita individuale e collettivo. In un Paese come l’Italia, sostanzialmente “deculturalizzato”, dove l’informazione prevale sull’istruzione, dove la chiave del successo è tutta economica, dove il denaro predomina sui valori, risulta decisivo mettere al centro un nuovo concetto di merito. Il merito è costruzione, cooperazione, non solo capacità di raggiungere una meta, dato un certo insieme di competenze e di misure, perciò bisogna che combino di significato i voti, i rapporti tra gli studenti, i rapporti tra gli studenti e i docenti, tra i giovani e ciò che li circonda. Con la nuova denominazione, il Ministero svolge funzioni di “supporto alla realizzazione di esperienze formative finalizzate alla valorizzazione del merito, all’incremento delle opportunità di lavoro e delle capacità di orientamento degli studenti”. Diventa quindi importante declinare la parola “merito” non solo rispetto a chi la scuola la fa (i docenti), ma anche rispetto a chi la dirige o ne ha la responsabilità di organizzazione e di indirizzo (direttori e dirigenti del Ministero nelle sue articolazioni anche territoriali). Quello che si chiama “merito della scuola” è soprattutto difficile produrlo, e diffonderlo, ma l’evidenziazione dell’importanza della serietà e dell’impegno, come precondizioni per il riconoscimento del merito, da premiare, è riferito a tutti gli attori del processo educativo: alunni, insegnanti, dirigenti scolastici. Essenziale è però capire chi valuta che cosa, come e perché, con quale obiettivo. Non è previsto che sia valutata la performance, e quindi il merito, a livello individuale, dei docenti, ma il fatto che la parola “merito” compaia addirittura nella nuova denominazione del Ministero lascia intendere che l’intento di questo è quello di sollecitare un maggior controllo non solo delle prestazioni, ma anche del comportamento di tutti. Concezione, questa, che si avvicina molto a quanto riportato nell’articolo 34 della Costituzione, in base al quale: “I capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso”.
Bonaccini Silvia