All’indomani del giuramento del Ministro Valditara e della nuova denominazione del Ministero dell’istruzione in Ministero dell’istruzione e del merito (Mim) molte sono state le polemiche sollevate dal mondo della scuola, e non, relative al cambio di denominazione.
Questo non stupisce perché, spesso, si manifesta una certa resistenza alle novità dinanzi a fasi di cambiamento che investono strutture sociali consolidate. Come diceva John Locke, «le nuove opinioni sono sempre guardate con sospetto, e generalmente combattute, per l'unica ragione che non sono già diffuse».
Il cambio di denominazione del Ministero è stato realizzato con il D.L. 173/2022, art. 6 comma 1, disponendo che «Il Ministero dell’istruzione assume la denominazione di Ministero dell'istruzione e del merito». Questo D.L. porta delle modifiche al D.LGS. 300/1999, inserendo in più articoli il termine merito e novella l’art. 50 introducendo la «promozione del merito e valutazione dell'efficienza nell'erogazione dei servizi medesimi nel territorio nazionale».
La polemica politica e sociale che si è accesa non verte tanto sul cambiamento del nome in sé, quanto sul termine merito. Ad una prima lettura questa diatriba può apparire singolare perché una parola così alta e condivisibile dovrebbe trovare ampio consenso, con buona pace di tutte le parti. La questione da dirimere si concretizza nel significato stesso della parola alla quale, quot homines tot sententiae, sono stati attribuiti molteplici significati e più dimensioni: il merito riferito alla dimensione degli alunni ed alla dimensione degli insegnanti.
Il merito inteso come valorizzazione e meritocrazia del corpo docente ha riacceso una serie di polemiche, mai sopite, inerenti al meccanismo della valutazione e della premialità degli insegnanti, attuate con varie sperimentazioni e realizzatesi nel comma 126 dell’art. 1 della Legge 107/2015, che ha legato la valorizzazione del merito del personale docente ad un bonus premiale di natura economica.
Creare criteri oggettivi e validi per tutti non è stata cosa semplice, l’impressione dominante è che il merito fosse attribuito, attraverso tale automatismo, più alla quantità che alla qualità del lavoro svolto. Con il tempo il sistema è stato modificato fino ad arrivare al CCNL 2020/2021 sul MOF che, a seguito anche di ricezione di alcune norme statali, fa perdere al bonus molte delle caratteristiche volute dalla L. 107/2015. Cambiano i destinatari che diventano una platea più ampia, composta anche dal personale ATA, viene meno il vincolo di destinazione e le somme possono essere attribuite non solo per il merito, ma per gli scopi che sono ritenuti utili a migliorare l’offerta formativa.
Se l’obiettivo da perseguire è ridare dignità sociale e politica alla figura del docente è d’uopo ridisegnare il sistema di valutazione e non legarlo esclusivamente ad un fattore quantitativo con premio economico. Sarebbe necessario un sistema di valutazione misto che consideri indicatori come la qualità dei risultati ottenuti, la percezione ed il rapporto con gli utenti e gli stakeholders e il contributo tangibile alla realizzazione delle azioni della scuola, per far raggiungere il successo formativo agli alunni. La premialità economica dovrebbe essere accompagnata da una valorizzazione sociale della figura professionale da parte di tutta la comunità educante.
L’altra dimensione afferente al concetto di merito, che ha dato adito a svariati contraddittori, è quella relativa agli alunni meritevoli. Molti si sono indignati attribuendo al termine merito un implicito concetto di separazione e disuguaglianza. La principale obiezione ha riguardato il punto che non può esserci merito reale se non si hanno pari condizioni di partenza. Altri hanno additato il merito anche come potenziale insidia per l’aumento della dispersione scolastica.
Il Ministro Valditara ha risposto a queste voci di dissenso rivendicando il valore costituzionale (art.34) del termine e declinando il merito come valorizzazione dei talenti e delle eccellenze. Facendo sintesi il Ministro ha affermato che «favorire il merito significa dare alle scuole infrastrutture e dotazioni di qualità, valorizzare gli operatori scolastici, sintonizzarsi con il mondo del lavoro, agire sulle competenze, fornire gli strumenti per sviluppare un percorso di crescita individuale e collettivo».
Se la pratica esplica il concetto andiamo ad indagare quali sono le azioni introdotte dal governo per promuovere il merito nei suoi primi cento giorni. Nel primo incontro con le rappresentanze sindacali il Ministro ha tenuto a rilanciar il tema di «una grande alleanza tra la Scuola e il Merito insieme con docenti, studenti e famiglie». Successivamente, in sede di accordo relativo al rinnovo della sottoscrizione del CCNL del comparto Istruzione e Ricerca, il Ministro ha voluto sottolineare quanto il rinnovo contrattuale è da leggere come un segnale politico volto alla valorizzazione della figura del docente.
Nel programma Valditara un posto di rilievo occupa l’istituzione della figura del docente tutor, che riveste un ruolo centrale per l'orientamento, indicato come uno strumento per valorizzare le potenzialità intrinseche in qualunque alunno. L’idea, promossa e fortemente voluta dal Ministro, è ancora tutta da discutere e le varie rappresentanze sindacali hanno già espresso delle perplessità che andranno dibattute in sede di contrattazione.
L’azione più concreta dei primi cento giorni di governo è l’inserimento nella legge di Bilancio, la L. legge 197/2002 all’art.1 comma 630, di una "Carta del merito" rivolta a coloro che hanno conseguito il diploma finale presso Istituti di istruzione secondaria superiore o equiparati con una votazione di almeno cento/centesimi. Il voucher sarà introdotto a partire dal 2024, riguarda gli alunni che non abbiano superato i 19 anni d'età e sarà utilizzabile entro l'anno successivo a quello di conseguimento del titolo.
L’auspicio è che questo intervento non segua la strada di quelli precedenti, andati via via sempre più snaturandosi e depotenziandosi, creando realmente una differenza fra i maturandi, i quali a distanza di pochi anni hanno beneficiato di cifre molto difformi fra loro, pur avendo raggiunto il massimo successo formativo.
Quelli mossi dal nuovo Ministero dovrebbero, realmente, essere i primi passi per arrivare ad un sostegno tangibile agli studenti che vogliono eccellere e scrivere il futuro loro e dell’Italia, affiancandoli e sostenendoli nei percorsi di studio e di ricerca: percorsi diventati sempre più difficili, anche a seguito dell’emergenza pandemica, sia in termini di sostegno agli studi che in termini di sostegno abitativo.
Fortunata Besaldo