Il presente contributo, intende testimoniare una bella esperienza di formazione che da alcuni anni si sta realizzando sul territorio di Avellino e Prov., grazie al sostegno della Società Filosofica Italiana e, in particolare, della sezione di Avellino, diretta dal prof. Giovanni Sasso.
Si tratta di un ciclo di seminari itineranti, rivelatisi come una straordinaria ed originale iniziativa molto partecipata da organizzatori, corsisti, relatori ed esperti. La scelta di temi attuali ed interessanti hanno sollecitato apprendimenti significativi e pratiche di ricerca-azione. La formazione viene supportata anche Consorzio Irpino per la Promozione della Cultura, della Ricerca e degli Studi Universitari (C.I.R.P.U.), dal dipartimento di Matematica (UNISA) e da associazioni locali (Total Life),
Una pratica STE(A)M Matematica, filosofia ed arte nel 900: forme ideali e techne (arte come espressione della realtà in epoche diverse)
“I rapporti tra arte e società mutano nel tempo e nello spazio; in particolare varia il significato del primo termine, quello di arte, che oggi si struttura in un sistema che comprende e accosta attività precedentemente considerate assai lontane (v. Kristeller, 1951-1952). Nel passato - dalla Grecia alla Cina - all'arte, intesa quale figurazione, fu attribuita la capacità di creare la vita e furono affidati grandiosi compiti magici, religiosi, politici, didattici e morali. Oggi l'arte viene ritenuta una delle attività più universali e distintive della specie umana, un fenomeno che ha accompagnato la sua intera storia”. http://www.treccani.it/enciclopedia/arte-e-societa_%28Enciclopedia-delle-scienze-sociali%29/
“L’arte non è una forma di conoscenza, “non disvela ma vela il vero”, per questo non può migliorare l’uomo”. Platone (Atene 427 a.C - 347 a.C.) ritiene che la funzione dell’arte sia quella di stimolare l’immaginazione, i sentimenti e la parte emotiva, a scapito della parte razionale. Di fatto, Platone già nei primi scritti assume una distanza ed un parere contrario nei confronti della poesia, valutandola come azione umana inferiore alla filosofia.Per Platone la poesia, come forma di arte, non è una vera espressione di sapere. Il poeta, esprime e comunica attraverso i versi ciò che - in un momento - gli viene consegnato ed ispirato divinamente. Così Platone (ma già lo stesso Socrate) pur riconoscendo all’ arte un valore di messaggio carico di significati, non le attribuisce una determinata funzione positiva e propositiva come può essere conferito ad un qualsiasi strumento per raggiungere la conoscenza.Al contrario, inizialmente, sottolinea il suo tipo di giudizio legato ad un principio puramente morale. Un’opera, anche se bella, va censurata se non risponde ai criteri della moralità classica. Platone afferma, dunque, che le opere d'arte -se rischiose per la condotta e la conoscenza umana- devono essere tenute a distanza. In seguito, non completamente soddisfatto delle sue valutazioni, affermò che tutte le opere non potevano essere degne di alcuna stima perché un’artista si limita a raffigurare semplicemente un oggetto, un corpo esistente in natura.
Ma se le cose sensibili sono già poste ad un livello inferiore delle idee ed intese come imitazioni delle idee stesse, le opere d’arte rappresentano le “imitazioni delle imitazioni” cioè sono posizionate ad un grado gerarchico più basso nella scalata per elevarsi alla pura realtà.Poeti del calibro come Omero ed Esiodo, pur rappresentando un notevole esempio di espressione artistica tradizionale, hanno il torto di raccontare miti ed eroi che possono provocare il desiderio di emulare modelli di vita falsi e distorti. In sintesi, le opere d'arte, fonte di illusioni, non favoriscono la ricerca della verità e della conoscenza. Al contrario l’arte, in ogni sua manifestazione, va bandita perché impedisce all’ uomo -ancora di più rispetto alle cose sensibili - di conoscere le idee, di partecipare alla vita politica e di raggiungere il vero.
L'arte diventa quindi negativa a prescindere dal fatto che stimoli buoni o cattivi sentimenti: cade così anche il principio della moralità.
I criteri di giudizio estetico elaborati da Platone, comunque, presuppongono un legame strettissimo tra etica ed estetica. Un tipico esempio è l’attenzione rivolta all’educazione e la conseguente reputazione assegnata alla musica. Negli scritti in cui egli sviluppa in modo più approfondito il discorso sull’educazione dell’anima attraverso la musica, si rilevano alcuni passaggi in cui Platone appare più disponibile ad apprezzare le qualità di una composizione musicale non solo rispettando i criteri etici, ma anche quelli relativi al semplice gusto. Il concetto di educazione musicale, infatti, travalica la sfera della moralità per cogliere anche l’aspetto estetico.
Tuttavia, la nozione di “bello” musicale in Platone è però molto particolare. La musica, secondo Platone, è strettamente connessa alla vita della comunità e dello Stato. Pertanto, se stimola sentimenti negativi dovrebbe essere censurata. La dimensione rappresentativa dell’arte musicale è discussa sullo sfondo del più ampio e articolato rapporto da lui delineato tra dimensione sensibile e intellegibile della realtà.Attualmente i nostri criteri di giudizio sono completamente differenti: un quadro, un poema o un brano musicale, indipendentemente dal valore morale per noi possono essere brutti o belli, e non si valutano buoni o cattivi secondo criteri universali. A tal proposito, ricordiamo una concezione diffusa presso i greci: “kalós kaì agathós” che viene solitamente tradotta come “bello e buono”.
L’aggettivo kalós significa “bello”. Esso indica un tipo di bellezza puramente fisica ed esteriore. La bellezza esteriore quindi risponde ad alcuni canoni, ma in generale kalós non implica una bellezza interiore. Kalós kaì agathós, invece, significa rispondere contemporaneamente agli ideali di bellezza fisica e di bellezza morale.Il Bene, per Platone diviene il livello più alto a cui il filosofo può e deve tendere nella sua ricerca della vera conoscenza e solo attraverso l’azione dell’intuizione razionale e della dialettica l’uomo può raggiungerla. In questo scenario di riferimento al mondo greco e all’ armonia tra bello e buono, diventa ancor più significativo e pertinente un semplice cenno al concetto di sezione aurea intesa come un elemento fondamentale per la speculazione filosofica ma anche per l’espressione artistica, l’ architettura e naturalmente per gli studi matematici.Dunque, scienze, matematica, scienze, astronomia, utilizzano un procedimento dimostrativo e si fondono su assiomi ed enunciati di tipo universale ma è con lo studio costante ed epurato -tipico della dialettica- che si giunge al massimo stadio del sapere. Allora come collegare questi saperi con l’arte?
“La matematica è generalmente considerata proprio agli antipodi della poesia. Eppure la matematica e la poesia sono nella più stretta parentela, perché entrambe sono il frutto dell’immaginazione. La poesia è creazione, finzione; e la matematica, […], è la più sublime delle finzioni.” (D. E. Smith, 1947) L’Infinito: Uno, nessuno, centomila e di più…Alessio Russo (2019).Edoardo Sanguineti nel programma televisivo La letteratura italiana, ci parla di Giacomo Leopardi in concomitanza del bicentenario dalla stesura de L’Infinito. La poesia leopardiana essenzialmente rappresenta un dialogo costante tra infinito e finito, limite e illimitato tra suoni e rumori della realtà ed insormontabili silenzi dell’eterno. Per Sanguineti, il trionfo della verità e della ragione non offrono più la possibilità di coltivare una positiva immagine della natura che per tale motivo nella visione del Leopardi non può essere considerata benigna.Tutta la poetica leopardiana parte dal problema se la poesia sia ancora possibile: la risposta leopardiana è che la poesia è possibile solo se è poetica dell’indefinito. “Se pensiamo all’Infinito leopardiano vediamo che il tema che Leopardi affronta è appunto quello dell’infinito che per Leopardi è fondato sull’emozione dell’indefinito”.
Con un volo pindarico, ci spostiamo sul terreno della pittura per trattare la corrente del Cubismo come nuova manifestazione dell’arte che esplose all'inizio del Novecento. Ciò che ne determinò il suo sviluppo fu l’immagine che si ebbe dell'universo completamente diversa da quella elaborata negli anni passati…Non si può negare che l’invenzione di sofisticati strumenti per osservare la realtà (telescopio, microscopio video-camere e visione aerea) hanno provocato una rivoluzione nel modo di percepire e comprendere i saperi dal punto di vista gnoseologico ed epistemologico.L’ astrolabio medioevale o le diverse apparecchiature astronomiche di epoca seicentesca, sono molto distanti dalle mappe realizzate intorno al XX secolo.Certamente, le scoperte scientifiche svelate grazie agli studi e alle ricerche di Albert Einstein (nel 1905 propose la prima versione della teoria della relatività), rappresentano una vera rivoluzione per la vita dell’uomo e per la sua idea del mondo.Anche se l'uomo del Rinascimento aveva paradossalmente un'idea chiara e ordinata del Cosmo in cui viveva, al momento in cui spazio e tempo diventano parametri non più universali ed assoluti, come può l’arte e tutte le manifestazioni della cultura umana, non modificare i punti di vista e l’approccio artistico? L'arte visiva, naturalmente, è stata influenzata da questa grande rivoluzione cognitiva ma è con il cubismo che si ha una rottura con il passato.
Comunque comincia la fase per ripensare al disegno, alla linea alla costruzione dello spazio. Un quadro o una scultura non solo venivano percepiti espressioni delle emozioni ma anche e soprattutto espressioni del pensiero. In questo periodo storico, il calcolo combinatorio introdusse in ambito matematico il concerto di tempo, molto difficile da rappresentare e spiegare. Tali studi erano diffusi tipicamente in ambienti scientifici, ma gli artisti anche se poco informati si appassionarono a tali argomenti tanto da cercare di rappresentare nelle loro opere il concetto della quarta dimensione inteso la possibilità di ritrarre il movimento attraverso un immagine ferma e di mettere in evidenza sovrapponendoli nell'immagine i molti punti di vista di cui un oggetto o una persona possono essere visti, da posizioni diverse dell'osservatorio, quindi in momenti successivi del tempo dalle discussioni sulla quarta dimensione così anche la poetica della simultaneità. Il cubismo, a differenza dell’espressionismo, non produsse manifesti programmatici, né lasciò strascichi ma ha rappresentato una vera svolta grazie all’ opera dell’esponente di maggior rilievo che fu Picasso (1881-1973). Insieme a Braque (1882-1963), si dedicò soprattutto alle nature morte in spazi interni, curando la scomposizione delle forme e il senso più spiccato del volume e del movimento. L'arte visiva, quindi fu intesa come in grado di comunicare pensiero ed emozioni.
Il cubismo probabilmente trae la sua forza da diverse motivazioni: la modalità di creare che ha cambiato il modo di vivere, l’esistenza allungata che allarga anche lo sguardo e il suo raggio di visione, la fiducia in ciò che gli occhi vedono con il contemporaneo vacillare della fede nella realtà della scienza.“In quegli anni le scoperte di Heisenberg ed Einstein, il Surrealismo e il Cubismo, i teoremi di Gödel, i lavori di Poincarè e Turing contribuirono a realizzare un clima totalmente nuovo. Cominciava a farsi spazio, in sostanza, l’idea di una scienza capace non solo di aprire nuovi orizzonti prima inaccessibili ma anche di trasmettere nuove e profonde inquietudini o, per usare le parole dello stesso Escher, sensi di vuoto”.La scienza aveva scoperto moltissime cose, ma il desiderio dell’uomo fu quello di dare vita ad un quadro nella sua cornice stessa. Un quadro nella sua cornice non era immobile, può deformarsi, può estendersi in altre dimensioni e, quindi, il quadro può lasciare la sua stessa cornice. Il tempo quindi entra nell’ arte come quarta dimensione così come la fisica, la matematica…L'oggetto percepito è riprodotto con la forza di uno sguardo analitico e tende a muovere le tre dimensioni tradizionali (larghezza altezza e profondità) con il dinamismo della visione multipla e del movimento.
Braque e Picasso seguirono e studiarono molto un altro grande artista da poco scomparso, Paul Cézanne (1839-1906). Quest’ultimo, rimaneggiò le produzioni pittoriche ritraendo cose e natura come se fossero figure geometriche da smontare, scomporre e ricostruire. Seppure contemporaneo dei movimenti Cubismo e Surrealismo (che cercavano ispirazione in insolite ricerche in campo estetico) Escher è, sicuramente, uno degli artisti che meglio rappresenta quel connubio tra arte-filosofia-matematica.Egli, attraverso la continua ricerca di spazi e paradossi, espresse la sua arte attraverso grafiche con caratteristiche geometricamente verosimili che lo hanno reso un anticipatore della Optical Art Escher (1898-1972), provò a raffigurare uno spazio senza regole. Nelle sue opere, il ritmo, la ripetitività del segno e dei motivi geometrici, il continuo uso di serie ed intrecci, le tassellature, sono ben evidenti. Pur non essendo un matematico, riuscì a comunicare alcuni concetti scientifici con abilità.Le sue produzioni che non hanno alcuna spiegazione possibile, riflettono tuttavia la sua arte e la sua tecnica. Il capovolgimento di prospettive, il contrasto tra colori con abbinamenti improbabili, la riduzione graduale delle figure fino a diventare frammenti infinitesimali, sono elementi che spiegano la filosofia dell’artista fino a rendere attualissime ed infinite le sue opere che si estendono senza inizio, né fine su un foglio da disegno.
Nonostante la critica non sia stata sempre generosa Escher, ancora oggi, riesce trasmettere suggestioni e riflessioni sulla creatività e sulle relazioni esistenti tra uomo e realtà. Fu uno dei pochi studiosi che riuscì a comunicare la connessione esistente tra scienza del mondo contemporaneo ed arte. Le sue opere, di fatto, sono frutto della sua interpretazione e traduzione di concetti matematico-scientifici e di abilità tecniche che affondano le radici nelle recenti teorie dell’infinito e del limite.“Forse è azzardato pensare che ci sia una correlazione diretta tra la teoria della relatività’ e lo sviluppo di correnti letterarie e artistiche. Però, si consideri, per esempio il cubismo: alla base c’era il desiderio di non esprimere più l’oggetto nella sua collocazione spaziale ordinaria, ma di darne una simultaneità di visione con tutti gli aspetti possibili. È probabile che molti artisti dell’epoca abbiano almeno orecchiato cosa stava succedendo nella fisica, lanciandosi poi in elaborazioni artistiche sua qualche concetto pescato qua e là: non dimentichiamo che Einstein apparve su quotidiani e riviste popolari in tutti il mondo”.
Lidia Nazzaro Laureata in Pedagogia, abilitata per insegnamento alle scuole superiori II grado (classe A036) e dottoranda in Diritto, Educazione, Sviluppo. A seguito di vincita di concorsi, docente di scuola dell’infanzia, di scuola primaria e tutor tirocinio SFP. Vincitrice di due grant per visite di studio LLP/Erasmus+Esperta per la diffusione della cultura scientifica, ambasciatrice Scientix, tutor d’ aula, formatrice, si occupa pure di studi e dinamiche sul Gioco pubblico (in collaborazione OIG - SA) e di pratiche di filosofia dialogica.Ha conseguito numerosi master e perfezionamenti in vari ambiti (didattica TIC e media, DSA, dirigenza scolastica, storia ed intercultura…).