Risultati OCSE: tutta colpa degli studenti?

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Subito dopo la pubblicazione dei dati OCSE sulla scuola italiana, in un’intervista sulla questione, Dacia Maraini si dichiarò sorpresa dai risultati molto bassi ottenuti dai nostri studenti, vista l’impressione positiva proveniente dai ragazzi che abitualmente incontra negli istituti scolastici, ragazzi generalmente interessati e motivati.

La Maraini sostiene quindi che non sono gli alunni il problema, ma la scuola in quanto sistema. E la riflessione mi appare condivisibile, anche se meritevole di maggiori approfondimenti.In particolare i nostri studenti sono risultati poco competenti nella decodifica di un testo scritto, ma quanti adulti, anche nella nostra categoria, leggono abitualmente? Quanti approfondiscono criticamente? Non da molto, ma sempre più spesso, prima dell’incipit di tanti articoli in rete, viene indicato il tempo medio di lettura: la prima volta che l’ho notato, la cosa mi ha inquietato parecchio. Significa che la maggior parte degli utenti non ama concentrarsi (o forse non riesce, che è peggio) per più di qualche minuto su un testo scritto. E non è forse vero che ciascuno di noi, negli ultimi anni, ha abbassato le richieste relative alla composizione e comprensione di elaborati in nome di una “necessaria semplificazione, visto il livello generale? Quanti colleghi si sono visti richiamare perché “fanno cose troppo difficili”? Quanti sono stati costretti a ridimensionare le loro aspettative “perché altrimenti i ragazzi non ce la fanno”?Lungi da me l’idea di una scuola classista, ma la nostra sacrosanta vocazione democratica, sancita dalla Costituzione, dovrebbe spingerci ad innalzare i livelli di tutti, promuovendo quel processo di crescita culturale, fondamentale per la realizzazione di una società più giusta e più equa. In realtà ci accontentiamo di allevare polli in batteria, utili al mercato del lavoro, e non ci preoccupiamo neanche tanto se ne perdiamo alcuni per strada. Intanto molti se ne vanno nella speranza che in altri paesi l’ascensore sociale non sia bloccato come nel nostro.

Da insegnanti dobbiamo cominciare a rivendicare la nostra competenza professionale, responsabilità di scelta compresa, e pretendere il meglio dai nostri alunni (non è forse quello che chiediamo da genitori ai nostri figli?). Da tutti, nessuno escluso, ciascuno per quel che attiene alle sue capacità e aspirazioni. Non dimentichiamoci che anche i ragazzi hanno la capacità di scegliere e che anche questa va educata. Pretendiamo da loro che imparino a comprendere ciò che leggono e che vedono, che siano capaci di “intus legere”, di leggere dentro la profondità del reale, e non limitarsi alla superficie, al tweet, agli slogan, alla via facile, che inevitabilmente porta all’omologazione e al pensiero unico.Non accontentiamoci di occupare il nostro posto a scuola come se lavorassimo all’ufficio delle entrate: non siamo semplici impiegati. Il nostro lavoro ha a che fare con il futuro! Il nostro, ma soprattutto quello dei nostri figli, a cui dovremmo lasciare un mondo migliore di quello che abbiamo trovato!Sicuramente in molti saranno pronti a proporre soluzioni tecniche per innalzare i risultati delle varie rilevazioni nazionali e internazionali sugli apprendimenti, ma per me questo equivale a guardare il dito invece della luna. Se non ristrutturiamo il sistema nel suo complesso, ridando dignità e rilevanza al settore, ogni iniziativa sarà episodica e fine a se stessa. Occorre che prendiamo coscienza del nostro ruolo, e della sua importanza strategica, e che rivendichiamo il rispetto di esso, anche sul piano economico, per ridare credibilità ad un ambito, quale quello dell’istruzione, bistrattato e dimenticato dai decisori politici, che se ne ricordano solo per fini propagandistici. È fondamentale un autentico scatto d’orgoglio, che ci faccia sentire una categoria consapevole del valore di cui è custode, un vero tesoro, quello di tante giovani menti, cittadini del domani.

ERSILIA DI GIACOMO Docente (felicemente) di sostegno da 25 anni. Mi occupo di inclusione da sempre. Sono stata funzione obiettivo (e questo testimonia della mia vetusta età) e sono attualmente funzione strumentale in questo ambito. Credo nell’aggiornamento professionale. Il mio ultimo master è in educazione interculturale. Ho fatto l’alfabetizzatrice e sono formatrice per i neoassunti per l’Usp di Modena. Vorrei la pensione ma so che poi mi annoierei, dunque resisto!

 

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