L’argomento di questo mese intende indagare il rapporto delle giovani menti con gli influencer dei e nei social. Proverò ad affrontare la tematica dal punto di vista della Scuola, spesso sua antagonista ed in contrasto con valori e stili di vita proposti, in modo da sviluppare quello “spirito critico” che le permetterà di essere una alleata nella crescita.
Il testo della Raccomandazione del Consiglio del 22 maggio 2018 relativa alle competenze chiave per l’apprendimento permanente, prevede che lo sviluppo delle competenze presentino un approccio olistico del «livello di competenze personali e sociali nonché la capacità di imparare a imparare, al fine di migliorare la capacità di gestire la propria vita[…]. Così la competenza imparare ad imparare esplicita la necessità di possedere competenze “emotive” personali e sociali. E’ la consapevolezza che nutre la competenza emotiva, intesa in sintesi, come la capacità di comunicare efficacemente con se stessi e con gli altri, come “la capacità di motivare se stessi e di persistere nel perseguire un obiettivo nonostante le frustrazioni; di controllare gli impulsi e rimandare la gratificazione; di modulare i propri stati d’animo evitando che la sofferenza ci impedisca di pensare; e, ancora, la capacità di essere empatici e di sperare.
Occorre, anche, l’atteggiamento corretto, la situational awareness, a garantirne la loro acquisizione soprattutto in termini di automotivazione, resilienza, fiducia nella propria capacità di perseguire e conseguire l’obiettivo, fronteggiamento dei problemi per risolverli, di gestione degli ostacoli. La presenza mentale, il Cogito ergo sum di Cartesio, è considerata sempre più uno strumento educativo essenziale, soprattutto nell’ambito scolastico negli alunni con bes- adhd- disturbi comportamentali, per lo sviluppo dell’attenzione, della comprensione emotiva e cognitiva, della coscienza del proprio corpo e della sua coordinazione, della consapevolezza e abilità in campo relazionale. Ancora più rilevante è il ruolo della presenza mentale nella riduzione dello stress, dell’ansia e dell’ostilità, favorendo così il benessere, la pace, il senso di sicurezza e la gioia. Parlo di “pratica della consapevolezza” perché va allenata per agirla al bisogno in modo automatico. Spesso gli insegnanti chiedono ai loro studenti di «stare attenti», ma difficilmente dicono loro come si fa.
La consapevolezza migliora il processo neurologico chiamato «funzione esecutiva», vale a dire l’abilità di organizzare compiti, gestire il tempo, stabilire priorità e prendere decisioni. I discenti possono trarre beneficio dall’apprendere a focalizzare l’attenzione, diventando meno reattivi e più compassionevoli verso se stessi e gli altri.
Per questo, vi presento, in seguito, alcuni esercizi-gioco attraverso i quali si può attivare la consapevolezza sopita, ad esempio, con l’esercizio motorio: cosa vedo? Cosa sento (udito)? Cosa
sento nel corpo (cinestesia, propriocezione)?; con l’esercizio razionale-emotivo (S.P.E.C.): la consapevolezza del mondo interiore nel “qui e ora” può essere ascoltata facendosi le tre domande: cosa penso? cosa provo? Cosa faccio? Dove mi trovavo?
E’successo altre volte! Quindi: Cosa penso/provo/faccio di solito quando si presenta una certa situazione? Quando si presenta una certa situazione …allora io…
Ma allora la Consapevolezza di sé, cos'è? La CONSAPEVOLEZZA EMOTIVA è ENTRARE IN CONTATTO CON IL SE’, SAPER RICONOSCERE I SEGNALI emotivi del proprio corpo e dare un nome alle emozioni che si provano e che ci "informano" sulle nostre preferenze, gusti e bisogni. "La consapevolezza è la percezione di sé a livello obiettivo", è percepire di sé ciò che corrisponde alla realtà. La domanda successiva è: allora la realtà qual è?
Anche per questa risposta ci viene in aiuto un gioco-esercizio pratico: farsi fare un ritratto dal vicino. Una delle modalità con cui possiamo aumentare la nostra consapevolezza ed entrare in contatto con le aree nascoste è chiedere un feedback all’altro. Il feedback non è un giudizio, ma è chiedere all’altro che cosa percepisce di noi, quali qualità vede in noi, è come la luce che uno specchio riflette.
A fine gioco “Ringraziate” le persone che vi daranno questo feedback perché in questo modo state dicendo grazie a voi stessi e alla vostra innata bellezza.
Infatti accade che l’errata percezione di se stessi riguardi le proprie capacità. Alcune persone credono di non avere valore, hanno poca consapevolezza dei propri mezzi: questo accade principalmente perché prestano poca attenzione nell’osservare ciò che accade quando danno il meglio di sé. Magari quando vincono una partita o quando qualcuno fa loro un complimento: quello che gli viene restituito è un feedback positivo, eppure non riescono a coglierlo, non lo ascoltano, chiudono quella considerazione in un cassetto".
Se Non si accetta la realtà per quello che è, non è possibile gestirla. Crescere è prendere questa responsabilità e se non accade, quando nella vita le cose vanno male cercano di trovare un colpevole che possa alleggerirli dalla responsabilità, per non dover dire che è stato lui a sbagliare (questo atteggiamento lo si riconosce, in particolare, nei bambini con adhd o nei bes). Cosa c’è all’origine di questa errata percezione di sé? La causa è un imprinting sbagliato nei primi anni di vita. Il riconoscimento di sé fondamentale per il sé categorico è a partire dai 9 mesi di vita. La bassa autostima si definisce principalmente nei primi sette anni. È in quegli anni che riceviamo un imprinting molto forte: se a quell’età impariamo che valiamo poco, negli anni successivi faremo fatica ad accreditarci delle capacità.
Se i genitori o le figure di riferimento (educatori, insegnanti ecc.) hanno fatto sentire poco importanti o non ci hanno dato attenzioni, una volta cresciuti andremo alla ricerca della conferma che non valiamo, perché noi conosciamo solo quella conferma: è un ciclo che ci porta ad abbassare sempre di più la stima che abbiamo di noi stessi". Questo incide anche sulla formazione della
consapevolezza.
"Se non sappiamo di avere in banca un conto corrente pieno di soldi non li useremo mai. Analogamente, se non siamo consapevoli dei nostri mezzi non li useremo mai. Ecco perché, se si vuole riuscire nella vita e trovare un proprio equilibrio, è fondamentale crescere e avere consapevolezza".
Quindi perché svilupparla? Le persone con una consapevolezza molto bassa, hanno convinzioni che non li aiutano e vivono in stati d’animo negativi e tipicamente “seguono il gregge”, non amano prendere rischi e rifuggono la responsabilità. Conoscere se stessi permette di prevedere come affronteremo le varie situazioni che la vita ci porrà di fronte, andando incontro alla vita preparati, quindi capaci di scegliere situazioni, comportamenti e atteggiamenti funzionali in base ai propri obiettivi.
La finestra di Jhoari (1955) è un’attività pratica che usa la costruzione di una casa quale metafora di se stessi e del proprio grado di confrontarsi con il diverso da sé ed accoglierlo, di preferire guidare il percorso o essere guidati, quanto ci sentiamo più a proprio agio all’interno di strategie collaborative
o competitive, piuttosto che in ruoli prestabiliti o in relazioni basate sull’empatia. Gli alunni verranno prima guidati in un percorso finalizzato alla conoscenza di sé, sia in una dimensione individuale, come presa di coscienza dei propri limiti così come delle proprie competenze, abilità e talenti, sia in una dimensione interpersonale, ovvero come riconoscimento della propria singolarità e unicità attraverso l’alterità. La diversità può innescare conflitti e violenza, ma anche generare reciproca creatività e progresso.
Lo sguardo interdisciplinare fornisce input per riconoscere e valorizzare le diverse forme di intelligenza gardneriana in un percorso dove la didattica orientativa si pone come parte integrante di un processo di auto orientamento. Tutto ciò è fondamentale anche per favorire l’instaurarsi in classe di dinamiche emozionali e relazionali positive e rispettose dell’altro.
Consapevolezza non significa cambiare sé stessi per diventare ciò che non si è: piuttosto si tratta di coltivare le qualità positive che già possediamo. Più precisamente, attraverso la consapevolezza che riusciamo a sviluppare, possiamo fare in modo che le particolari caratteristiche che formano la nostra personalità servano a creare valore per se stessi e per gli altri.
Come quel puzzle in cui c'è da svelare un'immagine che appare solo dopo aver unito tutti i pezzi. Senza saltarne uno. Usandoli proprio tutti. come quel puzzle in cui c'è da svelare un'immagine che appare solo dopo aver unito tutti i pezzi. Senza saltarne uno. Usandoli proprio tutti. Man mano che questa consapevolezza aumenta si impara ad essere proprio così come si è, invece si può passare la vita a voler essere diversi, inseguendo i finti miti degli influencer.
Milena Venturi (02/10/1961) di Verona, docente nella scuola primaria e per scelta nel ruolo di sostegno con Specializzazione triennale. Laureata con 110 e lode in Scienze dell’Educazione-Esperto nei processi formativi. Conseguo il Master I livello in Legislazione scolastica e Negoziazione presso l’Università di Perugia ed il Master di I livello in Mediazione familiare presso l’Università di Verona. Ho seguito corsi di musicoterapia e psicomotricità. Ho svolto attività di arteterapia con il prof. Luigi Scapini ed ho tenuto corsi residenziali e workshop di “Sostegno alla genitorialità” presso una “struttura di protezione” per minorenni in provincia di Verona. Mi sono formata come pedagogista clinico ed iscritta all’albo dei pedagogisti SINPE. Nell’ambito delle istituzioni scolastiche sono stata membro del Consiglio d’Istituto ed ho ricoperto diverse funzioni e ruoli nei seguenti gruppi di lavoro RAV/PdM, Comitato Valutazione del servizio dei docenti, Tutor, Intercultura. Sono volontaria in un’associazione nazionale di clown therapy.