“PATTI EDUCATIVI DI COMUNITA’” PER COMBATTERE LA NUOVA POVERTA’ EDUCATIVA E INDICARE UNA STRADA PER EDUCARE LE NUOVE GENERAZIONI ALL’AMORE PER LA CONOSCENZA

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A quasi due anni dall’inizio dell’emergenza sanitaria da Covid-19, quello che doveva essere un periodo provvisorio, limitato nel tempo, sembra essere diventata un’emergenza senza fine i cui effetti negativi sulla scuola si iniziano a sentire pesantemente.

 Quasi due anni di Didattica a distanza (DAD), dal primo lockdown del 2020, sostituita successivamente, e a tutt’oggi, con la Didattica Digitale Integrata (DID), hanno prodotto un livello di povertà culturale generale, nei confronti della quale tutta la Comunità Educante è chiamata a prenderne atto, al fine di trovare e condividere soluzioni adeguate.

La Presidente di Asnor (Associazione Nazionale Orientatori e Ente di formazione accreditato dal MIUR), Annie Pontrandolfo ha recentemente ribadito che, a causa della crisi causata dal Covid-19, le diseguaglianze sociali, economiche e culturali, rischiano di aumentare a dismisura; pertanto non possiamo girarci dall’altra parte di fronte alla povertà educativa. 

Quello delle diseguaglianze è uno dei temi centrali del dibattito sulla scuola dopo quasi due anni di pandemia e dopo tanti mesi di Didattica a distanza, che ha visto, da parte delle studentesse e degli studenti una partecipazione e un coinvolgimento diverso a seconda dei mezzi tecnologici a disposizione e del supporto delle famiglie. Il fatto che non tutti i ragazzi abbiano avuto gli strumenti necessari per partecipare in maniera adeguata alle lezioni a distanza ha determinato che aumentassero le diseguaglianze, colpendo la parte più fragile della popolazione. 

La didattica a distanza non è per tutti. Laddove le scuole siano state in grado di avviarla, la tecnologia è stata in grado di raggiungere solo studentesse e studenti che potevano contare sul supporto della famiglia e su una base economica stabile. Secondo gli ultimi dati Istat, più di 4 minori su 10 vivono in abitazioni sovraffollate, privi di spazi adeguati allo studio, e il 12,3% non ha un computer o un tablet in casa per seguire le lezioni a distanza, percentuale che arriva al 20% al Sud. Tra i bambini e ragazzi che, invece, possono disporre di questi strumenti, il 57% si vede costretto a condividerlo con gli altri famigliari. Solo il 30% dei ragazzi impegnati nella didattica a distanza, inoltre, presenta competenze digitali idonee all’uso delle piattaforme online. In una situazione tale, che ha visto diminuire anche il lavoro e le opportunità per gli adulti, risulta chiaro come molti ragazzi rischino di scivolare nella povertà culturale assoluta. 

 A causa di questa crisi le povertà preesistenti si sono acuite o se ne sono sviluppate di nuove, con molte altre famiglie che si sono trovate improvvisamente in difficoltà. E’importante capire come recuperare il gap, in termini di apprendimento.  che si è generato in questi mesi.

Se già prima dell’emergenza Covid-19 molti bambini e ragazzi venivano lasciati indietro proprio a causa della povertà economica ed educativa, oggi la scuola, che rimane un punto di riferimento fondamentale per contrastare le diseguaglianze educative, ha dovuto affrontare la sfida della didattica a distanza, che spesso ha accentuato svantaggi e divari sociali e territoriali. 

Per chi, come Asnor, si occupa dei temi legati alla didattica, è necessario agire subito, in accordo con gli altri soggetti interessati. Scuole, famiglie, terzo settore, istituzioni e aziende dovrebbero essere tutte d’accordo nel trovare strategie comuni, per rilanciare in maniera incisiva la scuola, come fulcro centrale della società civile, come Agenzia Educativa, capace di tracciare la strada per educare le nuove generazioni all’amore per la conoscenza, combattendo e limitando i danni della nuova povertà educativa prodotta da quasi due anni di disorientamento sociale, economico e scolastico, con l’assenza di punti di riferimento, crollati improvvisamente e inaspettatamente. 

Gli effetti di tutto ciò sono stati particolarmente pesanti e con maggiore rischio di irreversibilità, tra coloro che erano già in condizione di svantaggio e vulnerabilità: perché in condizione di povertà, o con disabilità gravi, o in situazioni famigliari difficili. 

Allo stesso tempo, la pandemia ha messo in luce le criticità già presenti e le forti differenti territoriali sia nella disponibilità di beni pubblici, come i servizi educativi per la prima infanzia, la scuola a tempo pieno, i servizi sociali, l’accesso alla rete digitale, l’assistenza sanitaria, sia nell’incidenza della povertà materiale ed educativa.

 Gli effetti, di medio-lungo periodo della pandemia su bambine e bambini nonché sugli adolescenti, sono riscontrabili a diversi livelli: dal benessere psico-fisico agli apprendimenti.

 Non si può quindi perdere ulteriore tempo al fine di mettere in campo azioni intese a contrastare questi effetti negativi, onde evitare che le azioni intraprese per combattere il perdurare della pandemia, che purtroppo stiamo di nuovo vivendo in questo periodo, dopo una lunga pausa che ci aveva fatto sperare che tutto fosse finito e che si potesse finalmente tornare a una sana normalità, rafforzi ulteriormente dette disuguaglianze. E’ importante, pertanto, ora più che mai, investire nella scuola e nelle infrastrutture in termini di risorse umane e materiali. 

Con questi obiettivi, le Istituzioni Scolastiche non potevano restare a guardare; pertanto, subito dopo il primo vero lockdown, nella tarda primavera del 2020, il MIUR, con l’allora ministra Azzolina, aveva istituito un Comitato di esperti, presieduto dall’attuale ministro Patrizio Bianchi, per proporre soluzioni in vista della riapertura delle scuole, producendo come risultato la pubblicazione  del  Piano Scuola per l’anno scolastico 2020/21, che recepisce pienamente, fra l’altro, il suggerimento del Comitato di attivare tutte le azioni possibili di supporto alle scuole attraverso i “Patti Educativi di Comunità”, che secondo il principio di sussidiarietà (art. 118 Costituzione) e corresponsabilità educativa, sottolinea di nuovo l’importanza del ruolo delle comunità territoriali per la ripresa delle attività scolastiche, sottolineando l’opportunità di coinvolgere soggetti pubblici e privati, sia per reperire spazi, sia per ampliare l’offerta formativa.  

I Patti educativi di comunità sono degli accordi tra gli enti locali, le istituzioni pubbliche e private, variamente operanti sul territorio, le realtà del terzo settore e le scuole, per rafforzare un’alleanza educativa, civile e sociale che appare quanto mai necessaria nelle condizioni del presente scenario.

 Il Piano Scuola 2020/21 ha individuato nell’Ente locale il soggetto cui spetta il compito di promuovere e coordinare i lavori tra le parti, tramite apposite conferenze dei servizi, e di proporre un regolamento per la sottoscrizione dei Patti, in una logica di massima adesione al principio di sussidiarietà e di corresponsabilità educativa.

La messa a disposizione di strutture o spazi, come parchi, teatri, biblioteche, archivi, cinema, musei, al fine di potervi svolgere attività didattiche complementari a quelle tradizionali, possono essere un valido strumento per educare le nuove generazioni all’amore per la conoscenza e contrastare la nuova povertà educativa, prodotta da mesi di pandemia. A questo va aggiunta l’importanza di sostenere le Autonomie scolastiche nella costruzione delle collaborazioni con i diversi attori territoriali, che possono concorrere all’arricchimento dell’offerta educativa, individuando finalità, ruoli e compiti di ciascuno sulla base delle risorse disponibili.

Com’è noto, infatti, nel corso del corrente anno scolastico 2020/2021, le istituzioni scolastiche sono chiamate a stipulare accordi con gli Enti Locali, contestualmente a specifici patti di comunità e di collaborazione, anche con le istituzioni culturali, sportive e del terzo settore o ai piani di zona, opportunamente integrati, di cui all’articolo 19 della legge 8 novembre 2000 n. 328, al fine di ampliare la permanenza a scuola degli allievi, alternando attività didattica ad attività ludico-ricreativa, di approfondimento culturale, artistico, coreutico, musicale e motorio-sportivo, in attuazione di quanto disposto dall’articolo 1, comma 7, della legge 13 luglio 2015 n. 107.

Ripensare l’organizzazione del sistema scuola, puntando su quello che mesi di Didattica a distanza ci hanno costretto a imparare e rivedere, conservando e migliorando tutto il buono di quello che è stato sperimentato in questi quasi due anni, tenendo sempre acceso il dibattito sulla Scuola, può essere la strada percorribile per una nuova rinascita culturale del Sistema Scuola. 

GABRIELLA BEFACCHIA Docente di lingua inglese presso la Scuola Secondaria di 1 grado; Master di 2 livello per Dirigenti Scolastici conseguito presso la facoltà di Scienze Politiche dell’Università di Teramo; Integrazione modulo Didattica presso la stessa facoltà; Master di 1 livello in Traduzione e Redazione Tecnica, conseguito presso l’Università degli Studi dell’Aquila.

 

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