In questo periodo storico, molto complesso e pieno di incertezze, il tema "povertà educativa" è diventato emergente su tutti gli altri presenti nella nostra società.
Se ne parla ovunque. Tanti azzardano soluzioni, altri propongono progetti ambiziosi e di difficile realizzazione; alcuni, pur lavorando sul campo, non agiscono secondo una prospettiva socio-economico-pedagogica capace di dare senso e forza ad un nuovo modo di agire per costruire competenze e consapevolezze tali da individuarne le cause e rimuoverle.
Una nuova possibile prospettiva potrebbe essere quella di rivedere, riconsiderare, trasformare i fruitori e la comunità educante della scuola da semplici Stakeholders in Players. Il D.S. e gli Organi Collegiali diventerebbero creatori, maker, dell’attività didattica, secondo le Indicazioni Nazionali per il Curricolo, declinata nel PTOF supportato dal Programma Annuale, verificata dal RAV e migliorata dal PdM nel rispetto dei LEP art.117, c.2, lettera m.
La scuola assumerebbe, quindi, il ruolo chiave che le compete: cambiare il modo di produrre i saperi attraverso nuovi paradigmi e nuove prospettive per rinnovare l’orizzonte sociale, culturale ed economico italiano, per ridurre sia la varianza esistente tra le classi sociali che la “povertà educativa”.
Questo comporta un cambio di paradigma radicale che investe tutte le agenzie formative e tutti i soggetti istituzionali presenti nel territorio. La scuola pubblica e privata, assumendone il ruolo primario, agisce sulla formazione degli alunni e, loro tramite, sulle famiglie cui appartengono. L’impegno per la riuscita deve essere massimo senza sprecare nessuna risorsa, soprattutto il tempo. Tutti siamo chiamati al cambiamento. Le sfide si vincono insieme, uniti, procedendo nella stessa direzione. Isolati saremmo delle monadi in attesa di annichilirsi.
Le problematiche attuali non hanno solo una soluzione. La globalizzazione ha condiviso, diffuso, fatto emergere, tra gli altri, anche le problematiche di più difficile risoluzione, prima fra tutti la sostenibilità educativa. Essa si sostanzia della diffusione delle competenze, delle pari opportunità, della cultura, della pace, della solidarietà e del benessere, che non sono appannaggio di tutti.
La marginalità sociale ed educativa genera anche la perdita di competitività sul mercato del lavoro, sulla ricerca scientifica strategica e sul ruolo che la Nazione ha nel panorama mondiale.
Non essendoci una soluzione unica a questa sfida, l’approccio multidisciplinare e multimodale diventa la strada da percorrere. La coerenza e la sinergia delle soluzioni ne determinano l’efficacia e la validità anche per le altre dimensioni nuove che un "futuro veloce" ci propone: inquinamento, cambiamenti climatici, povertà affettiva, economica, accesso all’acqua potabile, successo formativo, ecc.
Pertanto, diventa necessario coinvolgere tutti i Players del territorio, rendendoli consapevoli di tutte le fragilità, che attualmente si stanno aggiungendo a quelle già esistenti e non ancora risolte, e dell’azione che la scuola svolge per la transizione ecologica e la creazione di nuove competenze per il XXI secolo.
Le sfide, individuate dall’ONU e declinate nei 17 Obbiettivi di Sviluppo sostenibile dell’Agenda 2030, non aspettano, non possono essere frenate o rinviate perché hanno la forza del divenire della Natura. Esse vanno indirizzate, instradate, guidate, curvate verso le nuove sfide globali che interessano tutti i Popoli delle Nazioni e quindi l’intera Umanità.
Tutti contribuiamo al destino comune del Pianeta. La cittadinanza terrestre non deve restare una suggestione o una metafora, ma deve diventare la principale competenza che tutta l’Umanità deve far propria e mettere in pratica senza tentennamenti.
La condivisione dei terreni agricoli, dell’acqua potabile e delle fonti energetiche così come del Sapere planetario è indispensabile per acquisire le competenze chiave che si devono possedere per affrontare le sfide del XXI secolo.
La nostra natura umana necessita di relazioni inclusive. Con gli altri e negli altri ci realizziamo, poniamo in essere le nostre capacità, concretizziamo le nostre aspirazioni e ci miglioriamo in tutte le nostre dimensioni. È il confronto e l’accettazione delle sfide comuni a unirci, rafforzandoci. La scommessa è quella di arrivare tutti insieme al traguardo, indistintamente, senza differenze. Non possiamo essere inconsapevoli, passivi, inetti nella determinazione del nostro futuro.
Considerare le disuguaglianze come opportunità può darci la forza e lo slancio necessari per cambiare la società attuale, per trasformare le persone da individui a condividui.
A mio avviso, una delle strategie per eliminare la povertà educativa, che investe indistintamente sia i giovani che gli adulti (NEET), deve basarsi sull’idea del "vedere oltre", cioè sulla capacità di immaginare un futuro a breve e medio termine, che diventa presente agito da cui ripartire per riprogettare i nuovi scenari socio-economici basati su paradigmi etico-ecologici condivisi. La formazione continua lungo tutta la vita determinerà quelle competenze sempre più avanzate e idonee alle sfide del futuro (upskilling, reskilling, empowerment).
Inoltre, verificare il cambiamento sul nascere comporta la possibilità di poterlo correggere e adattarlo per migliorarne l’efficienza, l’efficacia e la sostenibilità.
È necessario, quindi, riprogettare le interfacce società-Stato attraverso un nuovo patto tra scuola e territorio. Il Patto Educativo di Comunità ne diventerà la chiave di (s)volta.
In questa prospettiva, la scuola rappresenta l’orizzonte dove l’uguaglianza formale e sostanziale consente a tutti il pieno sviluppo della persona umana. La personalizzazione dell’agire didattico diventa principale su tutto e acquisisce il primato sull’individualizzazione dei percorsi educativi; essa può essere posta in essere considerando i docenti professionisti della cultura che costituiranno il capitale professionale della scuola capace di iniziare e sostenere, ecologicamente, il necessario cambiamento di rotta che la società contemporanea necessita.
Le scuole, interconnesse tra di loro e interfacciate con gli Enti Locali, con tutte le altre Agenzie formative, con il mondo produttivo, dell’associazionismo e del volontariato, con forza dovranno promuovere la nascita di una competenza nuova: la Competenza Umana.
Vincenzino Onofrio Saia nasce a Sutera (CL) il 12 luglio del 1962. Si laurea in Ingegneria Civile sez. Trasporti nel 1993 presso l'UniPa. Nello stesso anno si abilita alla professione di ingegnere che eserciterà per circa 20 anni. Consegue un Dottorato di Ricerca in Ingegneria delle Infrastrutture viarie nel 1997 presso l'UniPa. È abilitato all'insegnamento sia di Matematica e Fisica che di Tecnologia. È assunto in ruolo nella scuola sec. di I grado come docente di Tecnologia nell'a.s.2008/2009. Durante la sua carriera scolastica ha ricoperto i ruoli di vicario, secondo collaboratore, funzione strumentale, responsabile della sicurezza, membro del comitato di valutazione, E-Tutor online per docenti neo immessi, referente INVALSI; facilitatore e progettista di P.O.N e F.E.S.R.. Ha conseguito master di primo e secondo livello e corsi di perfezionamento nelle tematiche del sostegno, della valutazione, della dirigenza scolastica, della sicurezza nei luoghi di lavoro, dell'Intelligenza Emotiva, Mindfulness e Nuove tecnologie per la Didattica Inclusiva. Ha coniato per sé il motto: Districare per Riorganizzare, Semplificare per Condividere.