Patti di Comunità…Autonomia responsabilmente condivisa.

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La valorizzazione dei rapporti tra scuola e territorio è uno dei capisaldi dell’autonomia scolastica introdotta ormai più di vent’anni fa. 

L’alleanza con il territorio, il fare scuola fuori dalla scuola, il territorio come aula didattica decentrata, l’utilizzo di esperti all’interno dell’aula scolastica per progetti curricolari o di ampliamento dell’offerta formativa sono pratiche che appartengono alla tradizione pedagogica e fungono da stimoli per far sì che i Patti costituiscano occasioni di costruzione di comunità e di prossimità fra istituzioni e cittadini concretizzando la continuità orizzontale e realizzando un potente fattore di innovazione e inclusione sociale e culturale in un momento storico in cui, invece, l’isolamento e il distanziamento, seppur necessari, rischiano di avere un impatto negativo nelle diverse dimensioni psicosociali con conseguenze incommensurabili per le future generazioni e non solo.  

In questi anni di pandemia il rapporto tra scuola e città è tornato al centro del discorso pubblico: il focus dell’educazione fuori da una logica scuola-centrica è riemerso con forza soprattutto dopo che il Ministero dell’Istruzione con Decreto Dipartimentale ha stanziato una somma importante al fine di incentivare la realizzazione dei patti di comunità invitando le scuole e i territori a stipulare dei ‘Patti educativi di comunità’ attraverso accordi con gli Enti Locali, contestualmente a specifici patti di comunità e di collaborazione anche con le istituzioni culturali, sportive e del terzo settore o ai piani di zona, opportunamente integra.

FIìinalità Patti

Nelle intenzioni degli esperti, i Patti dovevano avere due compiti: reperire spazi pubblici e privati (come parchi, teatri, biblioteche, archivi, cinema e musei) dove poter svolgere attività didattiche, e promuovere collaborazioni tra scuole e soggetti territoriali che possono concorrere all’arricchimento dell’offerta educativa.Il Ministro Patrizio Bianchi, successivamente, ha scritto nel suo pamphlet Nello specchio della scuola, che i ‘Patti educativi di comunità’ non devono limitarsi a gestire l’emergenza COVID, ma essere uno strumento per rafforzare l’autonomia scolastica.Il progetto dei Patti educativi, tuttavia, non ha avuto ancora effetti significativi su larga scala.                               

La ragione sta probabilmente nella nostra difficoltà a uscire da un’idea conservatrice e il dibattito sull’alternanza scuola-lavoro lo ha dimostrato nonostante il principio di integrazione tra lavoro intellettuale e lavoro manuale, pur sempre perfezionabile, è alla base delle pedagogie progressiste in quanto coniuga teoria e pratica per un risultato unitario frutto di un’attenta analisi, pianificazione, progettazione, verifica e valutazione di processo e di prodotto.È necessario passare dall’approccio emergenziale a quello strategico e trasformare le pratiche educativo - didattiche in strumenti per l’apprendimento formale/informale per superare il paradigma dell’acquisizione di competenze specifiche a compartimento stagno. 

E’ pensabile discernere l’acquisizione di una determinata competenza rispetto ad un’altra nel processo globale di formazione invece di favorire l’acquisizione di competenze relazionali o “soft skills” tramite la didattica laboratoriale per lo sviluppo delle competenze trasversali per la costruzione dell’individuo? L’alleanza costruita attraverso i Patti Educativi costituisce il clima favorevole per lo sviluppo di ogni diversità che ha l’opportunità di apprendere in contesti diversi divenendo ricchezza e utilità individuale e collettiva. Il Ministero dell’Istruzione ha investito sui Patti Educativi Di Comunità anche rifacendosi al Titolo V – art. 118 della nostra Costituzione che prevede la partecipazione di tutti i soggetti del territorio.                                                                                                                                                                                                                                            Nel rapporto fra scuole e istituzioni culturali è molto importante muoversi verso una modalità di coprogettazione concretizzando un’alleanza che veicola unità di intenti, interesse e cura per il capitale umano, unico vero investimento per chiunque abbia a cuore le sorti del genere umano. I ‘Patti educativi di comunità’ consolidano e potenziano l’autonomia delle scuole che, grazie a questo strumento, esplicitano e implementano il “fare scuola” per educere e tirar fuori le potenzialità degli studenti in ambienti concreti e significativi, stimolanti e gratificanti.Tutte le possibili interconnessioni tra la scuola e le risorse locali in cui si sviluppa il progetto di vita di ogni individuo a partire dall’età evolutiva scolare, deve costituire spunto di riflessione per ripensare la scuola di domani.


La valorizzazione della realtà esterna alla scuola è uno dei fondamenti della pedagogia attiva: il Parkway Education Program, per esempio, sperimentato a Philadelphia dove “gli studenti d’arte venivano mandati nei musei, quelli di biologia al parco zoologico, quelli di applicazioni tecniche nelle officine meccaniche e quelli di economia e commercio, tutti tra i 14 e i 18 anni, negli uffici contabili delle aziende o nelle sedi dei giornali” ha ampliato il processo di apprendimento anche a quelle situazioni che possono essere considerate “incidentali” in quanto non programmate a priori da un insegnante, ma nate da un incontro casuale, una scintilla che accende nell’educando la curiosità e il desiderio concretizzando l’arricchimento dell’offerta formativa.

Se vogliamo che gli studenti siano gli artefici del loro sapere, dobbiamo far sì che la scuola sia un luogo interessante, un crocevia tra gli spazi che costituiscono i luoghi di sperimentazione della vita di ciascuno che non possono essere ritenuti estranei alla quotidianeità: una scuola aperta allo spazio esterno è risorsa da sfruttare in chiave pedagogica. Oggi le potenzialità educative offerte dalla città sono sottosfruttate. Nelle loro sporadiche uscite dagli edifici scolastici, gli studenti giocano a fare i turisti: invece di essere un luogo di azione e creazione collettiva, la città diventa per loro uno spazio da attraversare per raggiungere un museo o la sede di un grande evento e ciò avviene perché nella mente di docenti e studenti la città non coincide con i desideri, la forza e l’energia della gente alle prese con il proprio vissuto fatto di speranze e di fatiche in nome della fiducia nel futuro, un futuro che, comunque, ci sarà.   

Per valorizzare le potenzialità educative latenti della città, non basta portare i ragazzi fuori a passeggiare, ma occorre una rigorosa progettualità pedagogica, senza la quale l’uscita fuori dalla scuola si riduce a un momento di piacevole evasione o rischia di scolasticizzare la città riproducendo fuori il modo di lavorare in aula. E’ necessaria, invece, una rigorosa intenzionalità pedagogica e una chiara definizione dei soggetti esterni con cui le scuole devono collaborare e prendere le mosse dalla proposta di un ‘sistema formativo allargato’.

L’uscita dalla scuola, se organizzata con metodo, ha delle ricadute positive su molteplici piani, non solo cognitivi ma anche fisici e psicologici. Fare scuola fuori della scuola stimola gli studenti ad avvertire “la propria appartenenza a situazioni più ampie e complesse”, contribuisce a “portare la cultura su un terreno di ricerca” e a sviluppare un’idea di cultura più ampia che comprende anche la cultura materiale. Se vogliamo davvero “allargare” il sistema formativo, le scuole non possono essere lasciate sole: c’è bisogno del sostegno e della partecipazione di tanti soggetti esterni e magari anche delle consulte giovanili che facendosi, responsabilmente, portavoce delle esigenze e dei bisogni dell’utenza che rappresentano concretizzerebbero il principio di inclusività.  

Rosaria Frandina, Abilitazione alla Vigilanza nelle Scuole Elementari; Laurea in Lettere, Master. Insegno dall’anno scolastico 1982/83 con spirito di servizio, consapevole che ogni emozione, parola o gesto possono arricchire o depauperare l’azione educativa.

 

 

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