In questo periodo si parla e si scrive molto sul Piano Scuola 2020-2021, il documento che ha previsto che i Patti educativi di comunità siano tra gli strumenti a disposizione per promuovere e rafforzare l’alleanza educativa, civile e sociale tra la Scuola e la comunità educante, in considerazione della complessa situazione causata dalla pandemia COVID-19.
Ma cosa sono i Patti educativi di comunità? In sintesi, i Patti educativi di comunità sono accordi stipulati tra le scuole e altri soggetti pubblici e privati per definire gli aspetti realizzativi di progetti didattici e pedagogici legati anche a specificità e a opportunità territoriali. Nel biennio considerato nel documento di programmazione, i Patti dovrebbero diventare uno strumento di supporto alla ripartenza scolastica per far fronte alle problematiche sorte in uno scenario emergenziale dovuto alla pandemia da COVID-19 ma, per le loro caratteristiche, possono - e dovrebbero - essere considerati efficaci anche nel medio e lungo periodo nell’ambito delle azioni da intraprendere.
E la comunità educante? In cosa consiste? La comunità educante infatti è, o dovrebbe essere, composta da tutti i soggetti coinvolti nella cura e nell’educazione dei minori e, oltre alla scuola e alla famiglia, comprende le organizzazioni del Terzo settore, il privato sociale, le istituzioni pubbliche, la società civile, le parrocchie, le università e i giovani stessi; essa può rappresentare una risposta valida al fenomeno della povertà educativa minorile attraverso interventi co-progettati da tutti gli attori coinvolti.
Marco Rossi Doria, esperto di scuola inclusiva e neo vicepresidente di Con i Bambini, la più grande esperienza in atto per il contrasto delle povertà educativa minorile, dichiara che “La comunità educante per essere tale deve essere radicata in un territorio circoscritto, dove poter fomentare quegli elementi di appartenenza identitaria e spirito di comunità, legandoli all’apprendimento formalizzato, a quello informale e non formale e alla cura dei beni comuni”. Grazie alla condivisione di strumenti, idee e buone pratiche è quindi possibile migliorare le condizioni di vita di bambini e ragazzi, che diventano non solo destinatari degli interventi formativi, ma anche e soprattutto protagonisti delle iniziative ideate e realizzate.
La scuola, in virtù della propria autonomia, può diventare il fulcro di nuove partnership tra gli attori della comunità educante per dar luogo ad accordi che consentano di realizzare attività formative con le quali arricchire l’offerta didattica e contrastare la povertà educativa minorile e l’esclusione sociale di bambini e adolescenti.
Tra gli obiettivi principali dei Patti rientrano proprio il contrasto alla povertà educativa e alla dispersione scolastica, attraverso un approccio partecipativo e la valorizzazione delle esperienze e delle risorse già presenti sul territorio. Gli accordi prevedono, infatti, vari tipi di collaborazione per rafforzare alleanze educative, civili e sociali e utilizzare beni comuni presenti in un determinato territorio in attuazione dei seguenti principi costituzionali: il principio di sussidiarietà orizzontale (articolo 118, comma 4), il principio di solidarietà (articolo 2) e quello di comunanza di interessi (articolo 43).
I Patti educativi di comunità hanno dunque diverse finalità tra le quali: rafforzare l’offerta educativa attraverso l’integrazione del pubblico e del privato grazie al coinvolgimento di stakeholder diversi (scuole, enti locali, università, centri per la formazione professionale, enti culturali, Terzo settore, impresa sociale); arricchire il curricolo scolastico tradizionale attraverso un numero maggiore di occasioni di apprendimento non formale e informale che consentano lo sviluppo di competenze trasversali; utilizzare e sviluppare spazi ‘comuni’ progettando attività più adeguate ai bisogni dei cittadini di un determinato territorio.
Nello stesso Piano scuola 2021-2022 vengono forniti alcuni esempi di attività realizzabili attraverso la stipula dei Patti: il focus è sull’arricchimento formativo garantito dalla possibilità di svolgere attività didattiche complementari a quelle del tradizionale curriculo scolastico, utilizzando diverse tipologie di strutture rispetto alla scuola come parchi, teatri, biblioteche, cinema, musei.
Ciò consentirebbe di sperimentare maggiormente proposte pedagogiche diverse come l’outdoor learning o il service learning, nelle quali assumono una certa rilevanza gli spazi di apprendimento ‘esterni’ alla scuola dove si sperimentano attività e metodologie per consentire agli studenti di sviluppare l’osservazione e la scoperta del territorio. In particolare, attraverso il service learning si promuove l’idea di una scuola civica e l’integrazione tra scuola, territorio, enti locali e mondo del lavoro. Inoltre, diventa centrale la partecipazione attiva degli studenti nella progettazione delle attività finalizzate all’apprendimento, facendo leva sulla loro motivazione e sulla percezione dell’utilità e della spendibilità dei percorsi di apprendimento a loro destinati.
Per quanto riguarda gli ambiti di applicazione, le aree di intervento previste nei Patti educativi sono molteplici e in relazione agli attori coinvolti: si spazia dall’attività motoria alla musica, da laboratori di arte e creatività alle tecnologie informatiche fino a percorsi di apprendimento ‘green’ legati a tematiche ambientali e recupero del territorio.
L’emergenza sanitaria ha messo in evidenza l’importanza della rete territoriale dimostratasi fortemente proattiva nel supporto dei cittadini in difficoltà; i Patti educativi di comunità rappresentano, quindi, uno strumento importante per rafforzare ulteriormente la rete e agire nei contesti maggiormente colpiti dai fenomeni della marginalità e della disuguaglianza sociale. Trattandosi di iniziative con e nella scuola, i maggiori beneficiari risultano essere proprio i minori che possono arricchire il proprio percorso formativo attraverso lo sviluppo di competenze trasversali o soft skills, fondamentali per il pieno esercizio della cittadinanza attiva.
Agli Enti locali è affidato il compito di promuovere i Patti educativi di comunità attraverso l’organizzazione di apposite Conferenze dei servizi, con il coinvolgimento dei dirigenti scolastici, per far emergere i bisogni espressi dalle scuole e valutare le proposte di cooperazione di istituzioni educative e culturali e le modalità di realizzazione di interventi e soluzioni. È necessaria quindi una ricognizione delle risorse strutturali e di servizio, spesso sottostimate e sottoutilizzate, offerte dal territorio.
Il problema infatti è spesso questo: la capacità di coordinamento tra enti e una visione di sistema, superando le azioni “a compartimenti stagni” dei differenti assessorati e implementando la progettazione partecipata. Con i patti educativi di comunità, difatti, intendo qualcosa di più, la condivisione di un percorso educativo che poi prevede un tempo del fare scuola e un tempo del fare educazione, ma che devono rientrare in un unico percorso. Durante la pandemia moltissime alleanze territoriali sono state strette, molte barriere sono cadute e molte relazioni sono state riallacciate: bisogna farle fruttare.
Le disuguaglianze educative rischiano di esplodere e sono un tema prioritario da combattere; ci auguriamo quindi che le Linee Guida non parlino solo delle condizioni di sicurezza, ma anche di come raggiungere i tanti ragazzi, soprattutto coloro che presentano Bisogni Educativi Speciali, che, dopo il blackout educativo, rischiano di interrompere il loro percorso scolastico. Serve creare le condizioni stabili per un intervento attivo della scuola e della comunità educante per raggiungere tutti.
Barbara Letteri, goriziana di nascita, vivo e lavoro a Sassari. Psicologa e pedagogista. Docente MIUR, Professore a contratto in Tecnologie per l'apprendimento e Cultore della materia in Didattica e Pedagogia Speciale presso l'Università degli Studi di Sassari. Componente Equipe di lavoro, ricerca nazionale e referente regionale Sardegna ONSBI (Osservatorio Nazionale Salute e Benessere degli Insegnanti) della LUMSA di Roma. Libera professionista e formatrice anche presso Centro Phare Phychè Sardegna e Consorzio universitario Humanitas di Roma. Collaborazione con la società TaMaLaCà, spin off della Facoltà di Architettura di Alghero.